Pensano regolare, vengono espulse

    Storie di ordinaria disperazione. Cominciano a venire al pettine i problemi della sanatoria per colf e badanti chiusa lo scorso autunno. Si ricorderà che, per un decreto del governo Berlusconi, dopo aver inasprito le misure contro i migranti e i clandestini, l’Esecutivo ha fatto un passo indietro aprendo una chance per un permesso di soggiorno solo per chi chiedeva di essere regolarizzato come colf o badante. Lasciate da parte le implicazioni etiche di una simile sanatoria, risulta piuttosto chiaro che chiunque, pur di ottenere un permesso di soggiorno, cercasse di farsi passare da colf o badante. Ora, però, con una velocità inusitata per il nostro sistema burocratico, cominciano ad arrivare le prime risposte, e, soprattutto, i primi rifiuti.
    Secondo Vitantonio Brussolo, del servizio Acli Colf di Rimini, le domande rigettate dalla Questura ammontano al 10% del totale.
    “Le domande – afferma Brussolo – vengono rigettate principalmente a causa di anomalie. Perché chi ha presentato la documentazione non ha adempiuto a tutti i requisiti o perché ha ricevuto un’espulsione o è stato arrestato in precedenza”.

    Due fasi
    Il controllo delle domande di regolarizzazione si svolge in due distinte fasi. Prima la Prefettura si assicura che la domanda sia redatta correttamente e che siano soddisfatti tutti i requisiti del caso. In particolare, per regolarizzare una colf, il datore di lavoro deve dichiarare un reddito minimo compreso tra i 20 e i 25mila euro a seconda della composizione del nucleo familiare; mentre, per la richiesta di una badante deve essere presentato un certificato medico che attesti la necessità di averne bisogno. Se la domanda è conforme, allora interviene la Questura e il controllo si concentra sul richiedente, sul migrante, che non deve avere a carico espulsioni per immigrazione clandestina, arresto, oppure una segnalazione Schengen. In quest’ultimo caso si intende che il migrante non deve essere stato arrestato o respinto in un altro paese di area Schengen.
    “Le complicazioni non sono finite – continua Brussolo – perché questa domanda di sanatoria si aggiunge a precedenti decreti flussi e sanatorie ancora non del tutto risolti. Si stanno consegnando ora i nulla osta per i permessi di soggiorno del 2007. Sicuramente è presto per fare una statistica. Le domande controllate dalla Questura sono quelle sino al 26 settembre, quindi mancano ancora tutte quelle degli ultimi 4 giorni”.
    Il periodo di consegna era compreso tra il primo e il 30 settembre 2009.

    I problemi
    Ma quali sono i problemi relativi ad un rifiuto della domanda? Da una parte, per lo straniero, scatta nuovamente l’espulsione, con il rischio di arresto, in quanto “clandestino” sul suolo nazionale. Dall’altra parte, però, non mancano i problemi neppure per il datore di lavoro, dato che la domanda di regolarizzazione era in realtà una emersione del nero. In pratica, il datore di lavoro dichiarava che aveva presso di sé un lavoratore in nero, colf o badante, e ne chiedeva la regolarizzazione, e quindi si autodenunciava pagando una quota forfettaria all’Inps di 500 euro.
    “Quello che succede, ora – dichiara l’avvocato riminese, Paola Urbinati, socio dell’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione – è che l’Inps sta spedendo ai datori la cartella con i contributi da pagare da settembre, data della richiesta di regolarizzazione del dipendente, sino ad oggi, data del rifiuto. Quando uscì la sanatoria non era chiaro quali sarebbero stati i procedimenti per le domande rifiutate. Si temeva addirittura un processo penale. Per ora, invece, l’unico peso è quella contributivo”.

    Il futuro dei migranti
    Se per il datore di lavoro le sanzioni si “limitano” ad una quota da pagare, più difficile il futuro dei migranti che si sono visti rifiutare la domanda.
    “Quello che succede a molti immigrati – continua l’avvocato Urbinati – è che spesso non sanno neppure di non avere i requisiti per una domanda. Mi spiego. Molti ragazzi e venditori ambulanti vengono continuamente fermati dalla polizia e spesso non sanno se hanno subito un processo o meno, e soprattutto per cosa. Alcuni, poi, sono stati magari fermati per un controllo anni fa in un altro paese europeo e neppure se lo ricordano. Succede quindi che a settembre scorso hanno fatto la domanda in buona fede, convinti di avere tutti i requisiti, magari su consiglio anche dei sindacati – ignari dei precedenti perché non comunicatigli dall’immigrato – e adesso si ritrovano nuovamente irregolari e quindi passibili di espulsione”.

    Il “ricatto”
    Il paradosso di questa situazione è che a fronte di questi rifiuti, sono tante le domande fraudolente che ottengono riconoscimento. Sono stati molti i casi in cui un datore di lavoro compiacente abbia fatto figurare di avere alle sue dipendenze una colf chiedendo a quest’ultimo di pagare i contributi e spesso chiedendo un’ulteriore cifra per sé.
    “Se il richiedente ha un reddito superiore a quello richiesto e la domanda è redatta correttamente allora passa! – riprende Brussolo – Secondo noi questo fenomeno non è stato secondario, anzi”.
    Tra le fila di chi ha approfittato di questa situazione per lucrare sulla disperazione dei migranti molti italiani, ma anche molti connazionali dei richiedenti. I sindacati hanno segnalato numerosi casi di senegalesi con permesso di soggiorno che hanno chiesto pagamento ad altri senegalesi per avviare la procedura.
    “Non tutti i casi, però, sono delle frodi. Alcuni sono degli escamotage – precisa l’avvocato Urbinati – per ottenere un permesso altrimenti irraggiungibile. È capitato che cittadini stranieri regolarmente residenti in Italia abbiano assunto il fratello o un altro parente come dipendente per i lavori domestici, e una volta ottenuta la regolarizzazione lo licenzieranno. Le storie di immigrati che lavorano senza permesso di soggiorno in fabbriche o in altre realtà sono numerose. E dato che l’unico modo per ottenere un permesso era lavorare come colf o badanti, in molti si sono fatti assumere con questa mansione per qualche mese per poi tornare, da regolari, al lavoro precedente”.

    La truffa
    Dalle indagini della Questura, però, sta emergendo una nuova truffa. La richiesta di regolarizzazione, infatti, si otteneva presentando domanda via internet. A fine procedura si stampava un documento online con valore temporaneo sino all’ottenimento del permesso. In questi mesi sono stati fermati decine di stranieri con il documento falso – che altro non è che una pagina stampata. “C’è un giro criminale di smercio di documenti falsi, d’altronde falsificare quel documento è estremamente facile. Inoltre, ad un controllo superficiale uno straniero viene lasciato andare. È necessario che una pattuglia controlli il numero della pratica per accorgersi che la domanda è falsa”.
    Il miraggio del permesso di soggiorno rende chi ne ha bisogno facile preda di sciacalli che dimostrano un’inventiva e una pervicacia nel trovare sempre nuove strade per delinquere davvero notevole. Alla fine i migranti devono imparare a destreggiarsi tra una burocrazia impietosa, in un mercato del lavoro allo sbando, e anche in mezzo a truffe e trappole di ogni sorta. E tutto questo, poi, per riuscire a continuare a vivere nel luogo in cui già lavorano, spesso con occupazioni umili e faticose, in attesa del prossimo rinnovo o della prossima sanatoria.

    Stefano Rossini