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PASOLINI IN MUSICA

PPP. Profeta corsaro, Bolzano © Tommaso Le Pera

Per il centenario pasoliniano una nuova produzione frutto degli sforzi congiunti tra Orchestra Haydn e Teatro Stabile di Bolzano 

BOLZANO, 20 ottobre 2022 – Un oratorio laico. Non solo perché in PPP. Profeta corsaro il verbo poetico di Pier Paolo Pasolini viene contrappuntata dalla musica, ma per la sensazione visiva che lo spettacolo concepito dal regista Leo Muscato trasmette. Gli strumentisti dell’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento sono infatti disposti al centro del palcoscenico, incorniciati come in un vero e proprio quadro (dove il visual designer Luca Attilii proietta immagini altamente evocative) e i cinque attori, cui sono affidate le parole, agiscono al proscenio: un colpo d’occhio funzionale a un percorso di riflessione interiore che diviene anche spirituale, con le luci di Alessandro Verazzi studiate per indirizzare lo sguardo degli spettatori.

Questa nuova produzione è frutto degli sforzi congiunti tra Orchestra Haydn e Teatro Stabile di Bolzano, che per la prima volta si sono trovati a collaborare insieme nel nome del poeta, regista, divulgatore e soprattutto profetico intellettuale, per celebrarne il centenario dalla nascita. La drammaturgia, dello stesso Muscato insieme a Laura Perini, prevede dunque un’alternanza fra i testi del poeta e la musica di Bach (che Pasolini tanto amava e spesso utilizzò nei suoi film), Samuel Barber, Charles Ives e Arvo Pärt.

Progetto Pasolini, Bolzano © Tommaso Le Pera

Si alternano così sequenze dei suoi film più famosi: Accattone, Mamma Roma con l’iconico viso di Anna Magnani, Cosa sono le nuvole (splendido episodio di un film collettivo in cui si vedono Totò e Ninetto Davoli, marionette dal volto dipinto trasportate su un furgoncino da Domenico Modugno che le scaricherà nella spazzatura) e Ostia del regista Sergio Citti, di cui fu Pasolini a scrivere la sceneggiatura. Più spesso, però, le parole rivivono attraverso letture estrapolate da Scritti corsari (volume che raccoglie i suoi accorati interventi su alcuni quotidiani e riviste), grazie a un quintetto di attori che restituiscono la poliedrica e tormentata personalità dell’autore. Marco Brinzi e Alex Cendron fanno rivivere il Pasolini pubblico e politico, Maria Pilar Perez Aspa ne richiama il lato femminile, Milutin Dapcevic la cultura omosessuale, mentre il riccioluto Gianluca Pantosti appare la perfetta reincarnazione di Ninetto Davoli, volto di riferimento del cinema pasoliniano; e a rendere più stringente tale identificazione viene proiettato un frammento di una nota pubblicità anni settanta, con Davoli nei panni di un cascherino (in romanesco, il garzone del fornaio, figura che oggi non esiste nemmeno più). A tutto questo si aggiungono poi registrazioni legate alla tragica morte del poeta nel novembre 1975: davvero toccanti risuonano i frammenti dell’orazione funebre pronunciata da un veemente Alberto Moravia.

La denuncia appassionata della deriva che la società stava prendendo, la perdita di ogni identità culturale, l’analisi lucidissima delle abiezioni del potere politico, insomma ogni riflessione-chiave del Pasolini intellettuale e artista, appaiono considerazioni oggi più che mai di drammatica attualità. E sono proprio le scelte musicali a far aumentare la temperatura emotiva dello spettacolo, grazie a una scelta di brani selezionati con notevole consapevolezza. A cominciare dal carattere speculativo di una pagina fra le più enigmatiche di Bach come l’Offerta musicale, proseguendo con la riflessività malinconica dell’Adagio di Barber e il potente significato metaforico della suggestiva The Unanswered Question di Ives, fino alle inconfondibili sonorità di Pärt e del suo Fratres: tutte partiture in grado d’innescare un’intensa dialettica di riverberazioni tra scelte testuali e musicali. La direzione appiombata e rarefatta di Marco Angius e l’idiomatica precisione degli strumentisti della Haydn ne sono state poi l’ottimo viatico.

Giulia Vannoni