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Papa Ratzinger, un magistero luminoso e illuminante

Ha “guidato” il Papa allo sbarco sui social media. Nel famoso “cinguettio” papale lanciato il 12 novembre 2012 (nella foto), c’è anche la sua “firma”.

Riminese, classe 1941, vescovo dal 1996, mons. Claudio Maria Celli è stato nominato Presidente del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali proprio da Benedetto XVI.
“La rinuncia di papa Benedetto è stata una decisione spiazzante. Probabilmente ne erano al corrente solo tre, quattro persone. Chi ha presenziato al Concistoro ha riferito di un silenzio tombale all’annuncio del Pontefice: i cardinali erano tutti all’oscuro”.

Si tratta di una decisione che farà epoca.
“Questa scelta così come il cammino di ogni Papa e di ogni discepolo di Gesù, va vissuta nella fede.
Il codice di diritto canonico prevede la rinuncia di un Papa al magistero petrino ma da oltre 600 anni ciò non avveniva. Rinunziare significava tagliare con una tradizione storica e con sofferenza perché il pastore della Chiesa universale si accorge che le forze fisiche sono più deboli di quanto il ministero esigerebbe. Il Santo Padre ha preso questa decisione nel dialogo con Dio.
Ho ammirato l’umiltà di Benedetto XVI nel riconoscere la propria debolezza e nello stesso tempo ho apprezzato la prova di grande amore alla Chiesa di cui è intrisa questa scelta. Il Papa era consapevole che la sua rinuncia avrebbe turbato non pochi discepoli e fedeli, eppure per amore alla Chiesa ha preferito compiere questo passo”.

Laici, fedeli, il popolo di Dio: come si deve porre di fronte a questa rinuncia?
“Credo che il Papa abbia compiuto questo gesto in una profonda dimensione di fede: a noi tocca non solo rispettare la scelta compiuta da Benedetto XVI ma anche vivere nella fede questo momento che il Signore ha preparato per noi nella sua Chiesa. Stiamo vivendo un momento storico”.

Il Papa apre un cammino nella storia.
“Anche altri pontefici potrebbero in futuro lasciare il pontificato considerati i propri limiti e le proprie debolezze.
Ammettere che non si è più in grado di svolgere fisicamente al meglio il mandato petrino, accettare questa situazione di precarietà, ritirarsi e rimettere il mandato dichiarando la sede vacante, verrà ricordato per sempre come uno dei grandi atti di governo della Chiesa. Un gesto che può lasciarci pensosi ma che deve generare in noi profondo rispetto per il Papa e per il suo coraggio”.

Mons. Celli, Lei ha accompagnato Benedetto XVI dall’inizio del suo pontificato. Ne ha dunque una conoscenza né sporadica né formale.
“Per motivi di lavoro avevo conosciuto da vicino il cardinal Ratzinger e anche da vescovo avevo collaborato in commissioni da lui presiedute.
È stato lo stesso Papa Benedetto XVI che mi ha nominato presidente del Pontificio consiglio per le Comunicazioni Sociali. Dopo avermi assegnato l’incarico mi ha chiesto: «Le piace il lavoro che sta facendo?». Questa domanda evidenzia la delicatezza e la vicinanza che quest’uomo ha con le persone”.

Come definerebbe il magistero di Benedetto XVI?
“Luminoso e illuminante. Il Papa ha veramente illuminato il cammino della Chiesa con il suo magistero. Aveva la capacità di spiegare con formule semplici punti della dottrina e della vita della Chiesa particolarmente difficili e complessi. Dobbiamo essergli grati per questi quasi otto anni che regalato alla Chiesa”.

L’appellativo di papa teologo forse non riassume perfettamente la figura di questo Pontefice.
“È stata colpevolmente poco evidenziata l’attenzione che il Pontefice aveva per le persone, il calore umano che esprimeva, la semplicità, l’accoglienza di cui era capace.
Quando eri di fronte a lui, c’eri solo tu per lui: il suo cuore, la sua persona erano totalmente aperti e accoglienti nei tuoi confronti. Benedetto XVI apriva il suo uore ad ogni persona.
Soffrivo molto quando la gente parlava del «mastino tedesco»: quell’appellativo era veramente poco calzante per papa Ratzinger, bavarese di origine, che tutto aveva meno che l’atteggiamento di un mastino tedesco.
La Chiesa continuerà a ricordare i suoi gesti, la sua delicatezza, e l’amore che nutriva per ogni persona che aveva di fronte a sé”.

Qualche commentatore ha messo a confronto Giovanni Paolo II sofferente fino alla fine con Benedetto XVI che rinuncia al pontificato a causa dell’impossibilità di farlo con tutte le forze.
“La sequela a Gesù è filtrata dalla coscienza personale. Un santo non assomiglia ad un altro santo perché ciascuno ha la mediazione della propria coscienza e nella propria donazione diventa icona originale di Gesù.
Papa Benedetto – proprio come ha fatto Giovanni Paolo II – ha seguito il Signore pensando di rimanere sulla croce, fedele a Lui e alla Chiesa. La rinuncia al magistero petrino non significa che Benedetto XVI ha abbandonato la croce: non è sceso dalla Croce, anche questo gesto lo mantiene avvinto al Mistero redentore della Croce”.

Paolo Guiducci