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Pare una novella Arca di Noè. Con quella brigata di animali di ogni specie che scodinzola allegramente verso il comico-attore che si prepara a farli entrare nella sua testa. L’immagine guida dello spettacolo “La Bibbia raccontata al modo di Paolo Cevoli”, pronto ad andare in scena venerdì 19 e sabato 20 gennaio al Teatro Novelli di Rimini, la dice lunga su quello che il pubblico può aspettarsi. Ovviamente le due date sono sold out.
Se il buongiorno si vede dal mattino, le (quasi) due ore di “storie”, tutte tratte dall’Antico Testamento, rilette in chiave contemporanea da Paolo Cevoli, sapranno regalare sorrisi intelligenti. D’altra parte l’“imprenditore con l’obbì del cabarè” (come si definisce lui stesso), rigorosamente scritto così, pronunciato con il suo coinvolgente accento, ha una capacità di raccontare e raccontarsi che renderebbe divertente anche la lista della spesa. Cevoli si conferma in questa intervista.
Questo spettacolo affronta il libro più letto di tutti i tempi. Roba da far tremare i polsi.
“La Bibbia. Il Libro dei Libri. Il Best Seller dei best sellers. Da tutti conosciuto anche se forse non da tutti letto. Ma anche quelli che non l’hanno mai sfogliato, hanno qualche nozione di Adamo ed Eva, Caino ed Abele, Noè e l’arca”.
Affronti con leggerezza e con il sorriso, testi che sono alla base della fede.
“Tutti diciamo: «ti racconto una barzelletta» ma non sappiamo da dove nascano… Ecco, secondo me le barzellette ce le raccontano gli angeli, per portarci un po’ di leggerezza nella nostra vita… Gli angeli sono senza peso, per poter volare, sono il simbolo della leggerezza, una leggerezza che significa sapersi affidare”.
La Bibbia per raccontarla bisogna leggerla, senza fermarsi alla superficie. Come si passa dal linguaggio rivelato al racconto sul palco?
“Quelle della Bibbia sono storie universali, che riaccadono continuamente. Io ho letto la Bibbia a partire da me, dalla mia storia, dal mio cuore, dalla mia esperienza, dalla mia testa. E mi sono messo anche dalla parte del popolo ebraico. Si sono raccontati, per tutta la vita, la loro storia. Hanno fatto memoria di tutto quello che è successo loro. Come Maria, nel Magnificat. La prima cosa che fa, nel suo incontro con Elisabetta, è ricordare quello che le è capitato. Raccontare: è un meccanismo che rende sempre nuove tutte le storie… E poi non potrei fare altrimenti di raccontare queste storie: farei fatica a non dire questa cosa meravigliosa che mi è capitata e che è la fede… è un po’ come con mia moglie e i miei figli, non riesco a non pensare e a non parlare di loro… Alcune battute dello spettacolo sono espressioni che utilizza effettivamente mia moglie: prenderla in giro è il mio modo per dire quanto tengo a lei!”.
C’è una domanda che torna spesso nel suo spettacolo: Dio è buono o è cattivo?
“È un interrogativo grande, che in tanti ci facciamo. Soprattutto se si vive un’esperienza di dolore. Ripenso a un incontro fra papa Francesco e alcuni malati. Gravi. Un bimbo gli ha chiesto: perché io? Il papa gli ha risposto: Non lo so. Bellissimo. Il Papa ha detto a quel bambino e a tutti noi: «Non ti do’ una rispostina, carina, che risponde alle mie attese. Però sono sicuro che Dio ti vuole bene». Chi non si fa questa domanda – Dio è buono o è cattivo? – ha un cuore di pietra. Lo stesso Gesù se l’è chiesto e si è affidato anche Lui. Gesù non è venuto a spiegare. Ma ha vissuto il dolore e ci ha fatto vedere come viverlo… Avrebbe fatto a meno della Croce… Ma poi si è affidato e ci ha detto che solo affidandoci e fidandoci la nostra vita avrebbe avuto un senso”.
Paolo Guiducci