Un bar speciale allestito in una scuola speciale che fa consumare ragazzi speciali, dietro al bancone e ai tavolini. Quando la Fondazione Enaip ha salutato Elsa, la storica gestrice del bar della scuola all’interno del Centro Zavatta, si è trovata di fronte ad un bivio: a chi affidare il bar?
E soprattutto, con quale prospettiva? Non è il conto economico che muove il Centro su questi passi, “c’è molto di più” è determinato il presidente della Fondazione Enaip-Centro Zavatta, Vittorio Betti. Da qui l’idea di un’avventura capace di abbracciare i ragazzi e le persone seguite da Centri Socio Occupazionali dello Zavatta.
Angelica, 42 anni di Torriana (nella foto a destra con Lagari a sx e una tirocinante) e una lunga esperienza nel campo della ristorazione, da tre stagioni è la nuova barista. “Quando ho accettato l’incarico, i responsabili del Centro Zavatta mi hanno proposto di affiancarmi persone con vari tipi di disabilità, fisiche e psichiche: ho detto sì”. Ogni giorno, da settembre a giugno, Angelica è affiancata da due collaboratori speciali. Sono ragazzi e persone dai 19 ai 65 anni che fanno un percorso apposito nelle strutture di Santa Aquilina, via Lagomaggio, e via Gravina, a Rimini. Nei CSO lavorano su commessa, eseguono opere di falegnameria, si occupano della serra. “Il lavoro ti rende autonomo, ogni inserimento professionale è una spinta sulla via della crescita dell’autonomia”, spiega il responsabile dei CSO Francesco Lagari. Il passo successivo, per il Centro Zavatta, è stata la messa a punto di percorsi per ragazzi e persone con disabilità nel bar di via Valturio. Due persone ogni giorno per cinque giorni alla settimana, per dieci mesi. E la possibilità di realizzare buffet interni.
Jacqueline è raggiante. Questa mattina è venuta da sola al lavoro. In autobus.
Michael Binotti, il suo educatore, le ha fornito un biglietto con tutte le indicazioni del caso, poi – a sua insaputa – è salito sul mezzo pubblico una fermata prima di lei, per osservare “da lontano” il suo comportamento e garantire comunque la massima sicurezza. Risultato? Jacqueline è arrivata in perfetto orario al bar, ha indossato la divisa da lavoro e sfoggia un contagioso sorriso a 32 denti.
“L’autoefficacia e la maggiore autostima che derivano a Jacqueline dal muoversi in autonomia – fa sapere il 34enne Binotti – li trasporta nel mondo del lavoro: è più propositiva rispetto al passato”. Le persone con disabilità impegnate nel mondo del lavoro, attraverso i progetti del Centro Zavatta, è ancora Binotti a parlare: “hanno mostrato tutti dei miglioramenti: tempi di attenzione più lunghi, aumento dell’autostima, maggiore propositività”.
Nel pacchetto c’è anche un riconoscimento economico, simbolico ma gratificante (anche nel caso di commesse). Maria si pavoneggia della “divisa” che indossa: “Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mangiare”. Abbraccia Angelica e il cronista. “Abito alla Gaiofana, vengo in autobus”. È giustamente orgogliosa del percorso che sta compiendo, dentro il Cso e nel bar speciale. Qui al Centro Zavatta “spazzo, pulisco i tavoli, ma farcisco pure le pizze, preparo hamburger e caffè. Quello che c’è da fare”. E non si tira mai indietro. Una caratteristica che accomuna Maria,
Jacqueline e tanti ragazzi e uomini che frequentano i CSO e il bar speciale. “Se l’asticella della proposta si alza, loro con con entusiasmo si aspettano che tu rilanci.
L’esito non è mai certo – avverte Lagari ma la sfida viene accolta, sempre: è ciò rappresenta una vittoria”.
Ore 11, ricreazione. I ragazzi dei tanti corsi ospitati dal Centro Zavatta prendono ad abitare rumorosamente e in maniera colorata i corridoi e gli spazi della scuola.
Il bar è un punto d’incontro, e spesso viene preso d’assalto. “Il cibo è buono strizza l’occhio Mario, che mette amichevolmente in mostra i suoi tatuaggi ma soprattutto è il nostro luogo di incontro. E familiarizziamo tra noi, con i prof e con i ragazzi speciali”. Relazioni. Lo conferma anche Angelica: questo bar è più di un bluogo di ristorazione.“E non si tratta di un rapporto di lavoro ma di legami. Oltre al bar, c’è di più. – rilancia la titolare Angelica -Le aspettative sono state ampiamente superate. E quando a giugno chiudo i battenti per tre mesi, mi mancano i miei ragazzi speciali, i tirocinanti e gli studenti. Con un «cinque» o un vocale, i ragazzi che escono salutano tutti”. Un gesto che vale ben più di una mancia.