Scrive l’Istat nel suo ultimo Rapporto 2025 che dal 2000 al 2024, il Pil reale (scontato dall’aumento dei prezzi) del nostro Paese è cresciuto meno del 10 per cento, mentre ha registrato incrementi intorno al 30 per cento in Germania e Francia, e superiori al 45 per cento in Spagna (dove è in vigore il salario minimo e la riduzione dell’orario di lavoro). Ciononostante, nello stesso periodo, l’occupazione, in Italia, è cresciuta a un tasso più sostenuto (+16 per cento) e comparabile a Francia e Germania. Crescita delle opportunità di occupazione favorita soprattutto dall’espansione delle attività dei servizi ad alta intensità di lavoro, ma bassa produttività (vedi alloggio e ristorazione). Contesto, per certo non brillantissimo, che comunque non ha impedito all’occupazione qualificata di professionisti e tecnici di crescere anche in Italia, ma molto meno degli altri paesi europei. Questo spiega l’aumento del fenomeno migratorio, in particolare di giovani laureati. Sul fronte dell’occupazione qualificata, che è anche quella meglio pagata, come sta il comune di Rimini, anche in rapporto agli altri capoluoghi regionali? Nel periodo 2015-2021, gli addetti delle imprese ad alta tecnologia e intense in conoscenza per cento occupati sono saliti da 25 a 26, intanto che Forlì cresceva da 23 a 26 e Ravenna da 23 a 25. Il miglioramento c’è stato, ma proprio lieve. Restiamo, però, lontani dagli esiti di Bologna, dove gli addetti ogni cento in imprese tecnologicamente avanzate sono passati, nello stesso periodo, da 36 a 38, Modena da 30 a 32, Parma da 31 a 32 e Reggio Emilia da 25 a 28 (Istat, occupazione nelle imprese). Si conferma la frattura regionale tra una Emilia con imprese più strutturate e tecnologicamente più avanzate, che quindi può offrire migliori opportunità d’impiego, e la Romagna che gode si della risorsa turistica, ma con tutte le arretratezze già esposte. Settore, il turismo, dove, scrive sempre Istat, la produttività si è ulteriormente ridotta. Ci vorrebbe un riequilibrio, che non sarà certo il mercato a condurre (il mercato va dove i contesti sono più competitivi). Dovrebbe essere la politica, pianificando uno sviluppo regionale più armonioso, ad intervenire, ma non se ne vede traccia. Nell’attesa anche i nostri giovani emigrano: sono più di 30.000 gli iscritti Aire (Anagrafe italiani residente all’estero) della provincia di Rimini, il 9 per cento della popolazione, la percentuale regionale più alta. Dove non ci sono opportunità i giovani li vanno a cercare altrove.