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Una novità che sta già accadendo

Una serata tra amici, che trae spunto dall’intervista rilasciata dal Papa a Austen Ivereigh, prosegue il confronto all’interno del nostro presbiterio.

Mons. Erio Castellucci, Arcivescovo di Modena, si è reso disponibile a questo dialogo amicale in call conference con quarantacinque persone collegate, soprattutto sacerdoti, di cui uno di Imola e due di Faenza, assieme a diversi diaconi con le loro mogli. Ci sono anche alcuni laici, che «ho invitato – dice don Roberto Battaglia, promotore dell’incontro – perché sono per me figure da cui imparare, e, in questi rapporti con amici di varie realtà ecclesiali, come nel modo di guardarci tra noi preti in questo tempo, riconosco una novità da seguire». Tra loro il presidente di AC, Manuel Mussoni, Stefano Vitali, di APG23 e Nicolò Capitani, responsabile della Capanna di Betlemme – assieme a Elena Magnani, Erika Guidi e Enrico Vittori, del CPP di San Girolamo. Il dialogo con mons. Castellucci parte dall’affermazione del Papa sulla «Chiesa che è istituzione», per cui «non esiste una Chiesa gnostica, senza istituzioni», ma neppure «soggetta a istituzioni fisse, pelagiana ». Essa è opera dello Spirito, il quale «provoca disordine con i carismi, ma in quel disordine crea armonia », per cui la Chiesa, in questa crisi, deve imparare a vivere «una tensione tra disordine e armonia». Don Eriodopo un cenno alle categorie di pelagianesimo e gnosticismo in papa Francesco, ha sottolineato come «uno dei guadagni della Chiesa del nostro tempo sia il superamento della contrapposizione tra carisma e istituzione. La Chiesa è una istituzione carismatica – istituita da Gesù Cristo – abitata da una forza che la rinnova continuamente: c’è una inquietudine sana che la abita. Essa ha una “elasticità” che è l’opera dello Spirito Santo». Oggi, ha concluso, «stiamo ascoltando lo Spirito attraverso l’esperienza degli altri e questo è un “sinodo” effettivo, quotidiano». Sono seguiti vari interventi. Don Giorgio Zannoni ha sottolineato come sia decisiva «l’autocoscienza del cristiano, nella quale la dimensione comunitaria appartiene alla concezione dell’io». Una personalità così «non è generata da un corso ma da un fascino ». Per don Pierpaolo Conti c’è il rischio di «mettere al centro la nostra opera tralasciando l’opera di Dio», per cui questo tempo, nel quale «siamo più silenziosi e meno attivi», è un’opportunità per riscoprire il primato della grazia e la vocazione della Chiesa come «ospedale da campo».

Manuel Mussoni, ha richiamato il «bisogno di testimoni che possano affascinare all’esperienza cristiana, e l’attrattiva di Cristo si comunica quando la relazione tocca livelli di umanità tali per cui quell’incontro lascia un segno». Il punto da cui ripartire «lo vedo in un’esperienza ecclesiale bella e nuova, nelle amicizie che crescono tra noi», per questo «è importante essere qui stasera». Don Maurizio Fabbri, Vicario generale, pone l’accento sull’esigenza di un «nostro cambiamento

reale, che accadrà se nulla sarà come prima per me». Ciò richiede una «nuova consapevolezza e delle scelte operative», riscoprendo «la Chiesa come qualco- sa che ti appartiene e a cui apparteniamo ». Don Pierpaolo Pasini, della Diocesi di Imola, ha osservato come «la Chiesa stia già uscendo dalla crisi per quello che sta accadendo in questi giorni », in cui «diverse persone si sono rimesse in moto perché si sono rese conto del valore dell’esperienza cristiana per sé». Questo tempo richiede una «personalizzazione della fede». Eraldo Massaroli, diacono, ha espresso l’urgenza di affermare il valore della Liturgia, la quale non può essere sostituita dalla partecipazione televisiva: «Se non riprendiamo lo spirito liturgico del Concilio ritorniamo come prima». Un altro diacono, Giorgio Pieri, membro di APG23, ha posto l’istanza ecologica in nesso con quanto sta accadendo: «questo evento ci sta dicendo che dobbiamo cambiare», senza «stare fuori dal dibattito sulla verità dell’informazione o dal giudizio sui potenti che guadagnano con le guerre». Don Tarcisio Tamburini, ha colto nella pandemia in corso il richiamo «ad una essenzialità nel modo di essere Chiesa». Occorre «puntare più sulla qualità che sulla quantità; dalla Comunità è emersa l’esigenza di una vicinanza del sacerdote alla famiglia». Per don Roberto Battaglia è stato importante porsi non come «chi ha tutte le risposte, ma condividendo le proprie domande». Le persone si sono sentite accompagnate quando – riporta un messaggio ricevuto – hanno sperimentato «di non essere sole e sono state guidate a riconoscere il Signore in ogni circostanza». Mons. Castellucci ha ripreso i temi di fondo, rimarcando come l’Eucarestia «sia il punto di partenza della Chiesa», che ci dona «la forza per tradurre nella vita quello che abbiamo vissuto nella celebrazione», e sottolineando la dimensione del sacerdozio comune dei fedeli. Concludendo ha individuato il filo conduttore del dialogo nella necessità di riconoscere «l’azione dello Spirito Santo», indicando la direzione in cui questa crisi sarà una reale opportunità: «conversione personale e affidamento all’azione dello Spirito Santo». E il fatto che ci si sia ritrovati più consapevoli di «aver bisogno di tutti », partendo da «qualcosa che sta accadendo », è già il segno di un tratto di strada che si sta percorrendo insieme.

(dRB)