“Noi, italiani senza cittadinanza”

    L’immigrazione in Italia è un fenomeno molto recente. Il Paese ha sentito più da vicino le necessità dell’emigrazione, della fuga dalla povertà verso la ricchezza e il lavoro, e solo da pochi anni ha fatto la conoscenza con la realtà opposta: l’accoglienza di altre persone. Il numero di stranieri in Italia è sensibilmente più basso rispetto ai cugini d’oltralpe e d’oltremanica. E anche gli immigrati di seconda generazione, cioè i figli di chi, immigrato da un altro paese, vive e lavora stabilmente sul territorio italico, iniziano solo ora a far parlare di sé. Si tratta di persone che, nate, o arrivate nei primi anni di vita, e cresciute qui, si sentono italiane a tutti gli effetti ma, dal punto di vista amministrativo e formale non lo sono. Hanno frequentato scuole italiane e vivono immerse in questa realtà, eppure non possono dirsi cittadini di questo paese, non hanno diritto di voto e sono escluse da tutti i concorsi e le occasioni di lavoro che richiedono la cittadinanza.
    Perché quello che in molti paesi è ormai un processo normale, e cioè la naturalizzazione dei figli di immigrati in cittadini del paese che li ha accolti, in Italia è un iter tutt’altro che scontato.
    Secondo Massimo Fossati, della Cisl di Rimini, che segue le questioni legate all’immigrazione nella realtà riminese, il problema è molto sentito da chi si trova a subire questa discriminazione sulla propria pelle.
    “Secondo i numeri dell’ufficio statistico della Provincia di Rimini, sono 3mila i figli di immigrati nati e cresciuti in Italia che vivono nella nostra provincia. Il vero dramma è la condizione in cui vivono. Frequentano le nostre scuole e si sentono in tutto e per tutto cittadini italiani, eppure non hanno i diritti dei loro coetanei nati da italiani. Vivono una situazione quasi kafkiana, con un permesso di soggiorno sempre traballante e l’ottenimento della cittadinanza che viene vissuto come una concessione calata dall’alto a seconda degli umori di chi ha questo potere”.
    Per i figli dei cittadini immigrati regolari c’è la possibilità di richiedere la cittadinanza al compimento del 18° anno di età. È una legge italiana che ancora non ha attirato l’interesse del legislatore dato che il fenomeno è molto recente ma è probabile che, con l’andare del tempo, man mano che il numero di immigrati che possono beneficiarne aumenterà, lo Stato renderà più strette le maglie. Questa modalità poi non si estende ai figli degli immigrati arrivati in tenera età ma non nati in Italia.
    “Quella che noi portiamo avanti – continua Fossati – è una battaglia per la civiltà. Ci troviamo davanti ad una situazione che non ha eguali in Europa. Due minorenni nati e cresciuti in Italia, che hanno frequentato lo stesso ambiente e la stessa scuola hanno diritti diversi solo perché uno ha sangue italiano e l’altro no. Uno, insomma, ha genitori con già la cittadinanza e l’altro col permesso di soggiorno. Noi cerchiamo di far sentire la nostra voce. Abbiamo interessato il Consiglio comunale con un ordine del giorno chiedendo di interessare il Governo con un provvedimento bipartisan. È un problema che interessa tutti”.

    L’aiuto di ANOLF
    Juliana Duzha è coordinatrice a Rimini di ANOLF – Associazione Nazionale Oltre le Frontiere – e presta servizio volontario ad uno sportello proprio per aiutare i giovani immigrati di seconda generazione.
    “Molti ragazzi – racconta – non conoscono la situazione in cui si trovano, e spesso basta un errore, un passo falso per perdere tutto. Un figlio di immigrati, dopo il compimento dei 18 anni, ha 6 mesi di tempo per trovare lavoro o iscriversi all’università per non perdere il permesso di soggiorno. È una discriminazione che pesa come un macigno sulle spalle di un ragazzo, che rende la vita difficile e che complica ogni scelta. Io ho impiegato parecchi anni per riconquistare la mia dignità. Sono arrivata qui a 16 anni dall’Albania su un gommone e solo ora che ne ho 29 guardo tutti a testa alta e non mi vergogno della mia storia. Ma non è facile, quando ad ogni telegiornale o ad ogni conversazione gli albanesi, i romeni e gli immigrati in generale vengono dipinti solo come criminali, o poco di buono”.
    C’è molta ostilità da parte dei cittadini verso gli immigrati?
    “Più che ostilità c’è molta disinformazione. Molti sono convinti che chi nasce qui, anche se figlio di immigrati, abbia automaticamente la cittadinanza. Non sanno quali trafile deve passare. Quando scoprono le difficoltà in cui vive un immigrato di seconda generazione allora scocca la solidarietà e la partecipazione. Ma c’è ancora molto lavoro da fare”.

    Stefano Rossini