Noi, “infermieri” volontari del mare

    Quando le onde dell’Adriatico trascinano a riva un delfino in fin di vita o una tartaruga ferita, loro ci sono. L’allarme per un soccorso può partire da una delle Capitanerie di Porto della riviera, da Ravenna ad Ancona, o da un peschereccio al largo. Fondazione Cetacea, dal suo “quartier generale”, il Centro Adria all’ex colonia Bertazzoni di Riccione, risponde sempre e comunque. Lo dicono i numeri. Nel 2009 sono stati 23 i delfini recuperati, tutti morti, e 182 le tartarughe rinvenute di cui 88 ricoverate. Lavoro intenso anche nell’anno in corso, con otto cetacei segnalati (di cui quello spiaggiato la scorsa settimana a Marina Centro e un altro, sempre morto, avvistato qualche giorno fa a Gabicce) e 31 le testuggini di cui 18 prese in cura nel piccolo ospedale allestito al Centro Adria.
    Negli ultimi mesi, molte di queste tartarughe (l’ultima la scorsa settimana) sono riuscite a tornare in mare sane e salve ma in cura ne restano ancora una decina. E si attende, non senza preoccupazione, il mese d’agosto che l’anno scorso è stato fatale per molte testuggini per via del fenomeno ancora senza risposta, dei cosiddetti “denti di cane”. Stessa allerta per i cetacei: cinque rinvenimenti nelle ultime settimane di questi mammiferi, tutti tursiopi, deceduti prima di poter essere soccorsi, non lasciano indifferenti i biologi della onlus riccionese e nemmeno gli esperti che con loro collaborano.

    Finanze ridotte all’osso
    Al momento Fondazione Cetacea conta 15 soci e 12 volontari, occupa tre persone a tempo pieno tutto l’anno e si appoggia periodicamente ad altri cinque collaboratori. Al momento, si diceva, perché dopo ventun anni di attività su oltre 1.500 tartarughe e 200 delfini, e ad un anno dall’inaugurazione della sede di via Torino, la Fondazione rischia di chiudere.
    L’allarme era stato lanciato a marzo dal presidente Leandro Stanzani che spiegava come il lavoro, le attività estive del Centro (meta anche di molti turisti, a cominciare da famiglie con bambini), l’ospedale delle tartarughe, le cure ai delfini, continuassero nonostante le finanze ridotte all’osso.
    Oggi, a qualche mese di distanza, le condizioni di lavoro restano precarie. “I problemi anzi si sono aggravati – dice Stanzani -. Le attività di educazione ambientale rappresentano buona parte delle nostre fonti di reddito, ma in provincia negli ultimi tempi sono venuti a meno i finanziamenti. Lo stesso è accaduto per alcuni progetti avviati a livello internazionale mentre in altri casi per delle pure contingenze sono venuti a meno nuovi lavori”. Morale: solo per la contrazione dei progetti provinciali e comunali Fondazione Cetacea si è ritrovata con 30mila euro in meno in cassa e oggi deve fare i conti con un deficit di 70mila euro.

    Il lavoro continua
    Il lavoro, e i costi, però continuano. “A parte gli stipendi del personale, che sono fermi da sei mesi, ci sono i versamenti Inps da sostenere e una decina di tartarughe ancora da curare. E pur nelle difficoltà i soccorsi continuano e aumentano per via di una collaborazione sempre più capillare con le Capitanerie di Porto e l’allargamento del raggio d’azione alle Marche”. Così come proseguono le attività estive di Adria che l’anno scorso, tra visite guidate, spazi espositivi e laboratori per bambini, hanno registrato all’ex Bertazzoni più di 30mila presenze (per il 2010 il traguardo stimato è di 50mila).
    Stanzani guarda con amarezza al futuro. “Il nostro obiettivo è di riuscire a finire almeno l’estate e di arrivare all’autunno del 2011 quando dovrebbe andare in porto un importante progetto cui stiamo già lavorando. Ma, in queste condizioni, sarà molto difficile”.
    Pur sottolineando di non voler vivere sulle spalle degli enti pubblici, Stanzani non nasconde il desiderio che Comune, Provincia, Regione e Ministero dell’Ambiente diano una mano. A sostegno dell’appello c’è anche una raccolta firme alla quale hanno aderito ad oggi 2.500 persone.

    Tartarughe e satelliti
    Nelle vasche adibite alla riabilitazione delle tartarughe e seguite da veterinari, biologi oltre che dai volontari che nella stagione estiva affiancano da tutta Italia lo staff di Cetacea, ci sono ancora una decina di testuggini sotto osservazione. A presentarcele e raccontarcene la storia è il naturalista e responsabile scientifico della onlus, Marco Affronte. “Cinque di queste – spiega – necessitano di molte cure. Una soffre per un amo nello stomaco e dovrà essere operata in questi giorni, un’altra ancora ha una brutta ferita sul guscio, provocata da un’elica”. Delle altre cinque tartarughe ricoverate, “due sarebbero già pronte a tornare in mare (una è con Cetacea da quattro anni, l’altra si distingue per le notevoli dimensioni, ndr.) ma aspettiamo settembre per poter applicare sul guscio due trasmettitori che abbiamo appena acquistato: serviranno a rilevarne, una volta che gli animali sono in mare aperto, la posizione e altri dettagli, come il tempo che trascorrono sott’acqua”. Informazioni preziose che serviranno sia ad arricchire gli studi sul comportamento delle testuggini sia, eventualmente, a soccorrerle qualora si notasse che restano troppo tempo in superficie e troppo ferme in uno stesso punto.
    Tra le altre tartarughe che nuotano nelle vasche, c’è anche l’esemplare rinvenuto qualche settimana fa sulla spiaggia di Bellaria, che ha fatto subito notizia per le sue origini singolari: “Non era mai capitato in tutto l’Adriatico – dice Affronte – di ritrovare una testuggine di questa specie proveniente dalle acque del Messico. In collaborazione con l’Università di Firenze stiamo raccogliendo campionamenti e informazioni per studi ma anche per capire in quali modalità farla tornare in mare: se in Adriatico o in altre acque”.
    Di certo, specie nel periodo di difficoltà in cui versano, sarà improbabile che gli operatori di Cetacea riescano a liberarla nelle acque caraibiche. Ci sono ancora tanti animali che hanno bisogno d’aiuto e la speranza è che le cure non debbano interrompersi per mancanza di fondi.

    Alessandra Leardini