“Noi, i Ciarlatani del sorriso”

    Alex è il bianco, la grazia, l’armonia, il rigore, “quello che si deve fare”. Francesco è l’augusto, l’incapace e pasticcione che si rivolta a tanta perfezione. Parliamo della coppia tipica di clown nata tra la fine del Settecento e i primi dell’Ottocento e in questo caso impersonata da oltre dieci anni, da Alex Gabellini e Francesco Tonti, artisti del nostro territorio, appartenenti alla Compagnia dei Ciarlatani.
    Incontriamo Alex che ci racconta come questa figura, che con la crisi del circo sembra aver perso importanza, sia invece ancora molto radicata nell’immaginario collettivo e seguita nei tanti spettacoli che i due artisti portano anche in giro per il mondo.
    Alex, ma davvero la gente non ha più voglia di ridere?
    “No, al contrario. Il fatto curioso è proprio che in questi difficili periodi dell’economia generale abbiamo più richieste rispetto agli anni passati”.
    Cosa attira tanto gli spettatori?
    “A suscitare la risata, nel caso dello spettacolo con i clown è la relazione tra i due, con l’augusto che rifiuta ogni forma di potere ed è sorprendente come questo sia uguale in tutti i luoghi del mondo. Quando andiamo in altri paesi cerchiamo di avvicinarci alla lingua del luogo, inserendo frasi tipiche dei territori, ma quello che conta di più è il linguaggio del corpo. Se togli una sedia e fai cadere il personaggio, questo fa ridere ovunque indipendentemente dal linguaggio verbale”.
    In un’epoca come la nostra caratterizzata dalla tecnologia, il linguaggio semplice dei clown è ancora capace di suscitare interesse?
    “Da quando io e Francesco lavoriamo insieme abbiamo superato le settecento repliche. Oltre allo spettacolo All’incirca il circo dove siamo appunto due clown, abbiamo tutta una serie di altri personaggi come ad esempio i giullari Cecco e Alessio con i quali, insieme a un terzo attore, Luca Fagioli, partecipiamo a numerose manifestazioni medioevali”.
    Come nasce Alex il clown?
    “Facevo il meccanico e venni a contatto con l’arte di strada, la giocoleria e il mondo dei clown grazie ad un’amica. In seguito frequentai molti corsi e determinante fu l’incontro con Francesco in un laboratorio teatrale di Santarcangelo. Lui è diplomato a Bologna presso la scuola di teatro diretta da Alessandra Galante Garrone. Tra noi è nata subito complicità”.
    Quindi non ci vuole una predisposizione per questo tipo di mestiere?
    “Direi che occorre soprattutto tanta dedizione. Sono fortunato perché questo è il mio lavoro. Alla fine degli spettacoli sono in molti a chiederci ma voi cosa fate di lavoro nella vita?. E quando rispondiamo che questo è il nostro mestiere rispondono che allora il nostro lavoro è divertimento. È vero ma dietro c’è un’attività molto impegnativa fatta di prove e preparazione materiali. Posso prendermi una giornata libera quando voglio ma di solito lavoro anche fino a dodici ore al giorno e spesso devo raggiungere luoghi lontani”.
    Qual è la cosa più bella di questa attività?
    “Contribuire a far sì che le cose vadano meglio, far star bene gli altri. La figura del clown, da qualcuno definita triste, è invece sempre positiva. Il clown non molla mai. È sempre pronto a ricominciare”.
    Far star bene gli altri significa anche portare una risata dove c’è disagio. Per questo è nato il progetto Ciarlatani senza frontiere tramite il quale gli artisti si sono recati in luoghi difficili come i campi profughi palestinesi e si occupano della formazione dei clown dottori che operano negli ospedali.

    Silvia Ambrosini