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NELLA ‘GIUNGLA’ DEL VOTO

Il 25 settembre italiani alle urne per rinnovare il Parlamento, con un sistema elettorale piuttosto complesso. Una panoramica per fare chiarezza

Sono i giorni delle elezioni. Il 25 settembre, data di cui si parla ormai da due mesi, da quando Mario Draghi diede le dimissioni portando allo scioglimento delle Camere, è alle porte. Siamo chiamati al voto, ma la “questione” può non essere semplice come sembra. La legge elettorale attualmente in vigore è particolarmente complessa, così come il sistema di voto che caratterizza questa chiamata alle urne. Possono essere tanti, dunque, i dubbi su come approcciarsi correttamente al voto, così come sul funzionamento dello stesso.

Dopo un ricco approfondimento sui candidati e sulle forze politiche in campo nel riminese e non solo (pubblicato sullo scorso numero de ilPonte), si riporta ora una panoramica informativa che consenta di chiarire, quanto più possibile, le incertezze legate a questo 25 settembre.

Come e quando si vota (e alcune novità) 

Partiamo dalle cose semplici. Come ormai noto, si vota domenica 25 settembre 2022, con seggi aperti dalle ore 7 alle 23 (e alle 23 comincerà lo scrutinio). Il voto porterà al rinnovo di entrambe le Camere del Parlamento, Camera dei Deputati e Senato. E qui si trovano già le prime due novità. Da una parte, infatti, contrariamente al passato e per effetto della recente riforma costituzionale che ha visto la riduzione dei parlamentari, cambia il numero dei rappresentanti che saranno eletti: alla Camera i deputati saranno 400 (e non più 630), al Senato 200 (non più 315). Dall’altra, in questa occasione sono chiamati a votare per il Senato anche i giovani dai 18 ai 25 anni, grazie alla modifica della legge costituzionale avvenuta nell’ottobre del 2021: una novità che, secondo le stime elaborate dagli esperti (riportate su Il Sole 24 Ore), a livello nazionale porterebbe circa 3,8 milioni di “nuovi” elettori per il Senato, con un’incidenza dell’8,2% sul totale degli aventi diritto (in Emilia-Romagna si avrebbero 252.129 elettori in più, +7,6%).

Per quanto riguarda le modalità del voto, il 25 settembre ogni elettore che si recherà al seggio (munito di documento d’identità e tessera elettorale) riceverà due schede, una di colore rosa per la Camera e una di colore giallo per il Senato. Su ciascuna, l’elettore potrà votare per l’elezione del candidato del collegio uninominale e per l’elezione delle liste nel collegio plurinominale. Le schede, infatti, riporteranno i nomi dei candidati nel collegio uninominale e, per ciascun candidato, il simbolo del partito collegato o, nel caso di coalizione, i simboli di tutte le liste collegate, con a fianco i nominativi dei candidati nel collegio plurinominale (il funzionamento dei collegi uninominali e plurinominali sarà spiegato più avanti nell’articolo). Si può votare tracciando una croce sul nome del candidato all’uninominale o sul simbolo del partito scelto o, anche, su entrambi.

Per quanto riguarda le liste, non essendoci la possibilità di esprimere preferenze, se si traccia una croce direttamente sulla lista il voto andrà al simbolo del partito cui quella lista è collegata. Non è possibile, inoltre, il voto disgiunto: non si potrà, cioè, indicare un nome all’uninominale e una lista di una coalizione diversa da quella che sostiene il nome indicato. Previste le soglie di sbarramento: i partiti che, a livello nazionale, non raggiungeranno il 3% dei voti (10% per le coalizioni) non avranno alcun seggio in Parlamento.

Come il voto andrà a comporre il nuovo Parlamento 

Così come alle ultime elezioni politiche (quelle del 2018, che videro la formazione del primo Governo Conte), anche la nuova tornata elettorale si svolgerà con le modalità previste dal cosiddetto Rosatellum, in vigore dal 2017. Una legge elettorale che, semplificando, prevede che una parte (3/8) dei nuovi membri delle due Camere sia eletta attraverso il sistema uninominale (e maggioritario) mentre la restante parte sia a sistema plurinominale (e proporzionale). Cosa significa?

L’Italia viene divisa in zone che prendono il nome di collegi, su base territoriale. A loro volta, i collegi sono divisi in uninominali e plurinominali. Nei collegi uninominali, come suggerisce il termine stesso, ogni partito (o coalizione di partiti) presenta un solo candidato: a vincere sarà il candidato che prenderà il maggior numero di voti, anche un solo voto in più è sufficiente per la vittoria (per questo motivo si parla di uninominale e “maggioritario”, cioè vince la maggioranza). Dai risultati di questi collegi, si avranno subito circa un terzo dei deputati e dei senatori (rispettivamente 147 e 74). Come detto, invece, i restanti seggi sono eletti attraverso i collegi plurinominali, secondo il sistema proporzionale. “Proporzionale” che è la chiave per capirne il funzionamento: in sostanza, ogni partito riceverà seggi in Parlamento secondo la percentuale di voti complessivi ottenuti. Ad esempio: un partito che prende il 30% dei voti avrà il 30% dei seggi rimasti.

Come si individuano, però, le persone che andranno ad occupare quei seggi? Ecco che entrano in gioco i collegi (anche qui su base territoriale) plurinominali: in ogni collegio i partiti presentano non più solo un candidato (come visto per l’uninominale), ma una lista di nomi (che sulla scheda elettorale si trova a fianco del simbolo dei partiti). Sulla base di quanti seggi ogni partito ha ottenuto in ogni collegio, verranno scelti i nomi dalle liste corrispondenti, in ordine (2 seggi, i primi 2 nomi della lista; 3 seggi, i primi 3 nomi in lista e così via). Per questo motivo si parla di “listino bloccato” e, per lo stesso motivo, gli elettori non possono indicare preferenze in fase di voto. Con questo sistema (assai complesso, ce ne rendiamo conto) si andranno ad eleggere i restanti deputati e senatori (rispettivamente 245 e 122), ai quali si aggiungeranno quelli eletti dagli italiani residenti all’estero (8 deputati e 4 senatori).