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Nel codice genetico della Chiesa

Non è passata inosservata alla grande stampa latino americana la visita a Cuba di mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali. Ufficialmente invitato dalla Conferenza episcopale cubana il presule si è fermato quattro giorni (dal 4 all’8 novembre) per svolgere un intenso programma pastorale. Mons. Celli ha preso parte ad una riunione plenaria della Conferenza episcopale e ha incontrato i membri della Commissione episcopale per i mezzi di comunicazione sociale. Si è poi recato in una chiesa della capitale per una lezione magistrale. Gli organi di stampa latinoamericani e anche cubani in questi giorni hanno dato ampio rilievo alla notizia ricordando gli ultimi alti prelati vaticani a far visita all’isola: il cardinale segretario di stato Tarcisio Bertone nel febbraio 2008 e poi, nel novembre dell’anno scorso, il cardinale José Saraiva Martins per la Beatificazione di fra José Olallo. Il cardinale Bertone, tra l’altro, è stato il primo ospite internazionale ad incontrare il neo presidente di Cuba Raúl Castro. A Cuba, tra le diverse questioni sospese nei rapporti fra Stato e Chiesa, decisamente migliorati negli ultimi anni, c’è il problema più volte sollevato da parte delle autorità episcopali riguardo ad un maggiore accesso ai mezzi di comunicazione di massa. Attualmente quest’accesso esiste, ma è sporadico, in occasione di eventi particolari o feste religiose importanti, e perciò i vescovi e con loro i fedeli cattolici cubani vorrebbero un regime diverso, meno aleatorio e più stabile.
Nel suo intervento pubblico su “Chiesa, mass-media e cultura digitale” mons. Celli ha detto: “La comunicazione per la Chiesa non può essere un fenomeno esterno ed episodico; si tratta di qualcosa di essenziale del suo essere e del suo agire. Sia la comunicazione interna sia quella esterna, verso la società, sono nel suo codice genetico”. Dopo aver parlato dei vantaggi e dei rischi delle nuove tecnologie, si è soffermato sulla specifica realtà cubana, dove l’accesso ai cosiddetti “new media” è un processo nuovo e ancora poco sviluppato. “Sebbene qui il livello d’istruzione della popolazione sia molto alto e la televisione e la telefonia di commutazione automatica siano state attivate prima che in Europa – ha ricordato – esistono ancora molte limitazioni all’accesso a internet e alla telefonia cellulare. È tuttavia prevedibile che, come in altre zone del mondo, queste tecnologie vengano incorporate in modo graduale nell’uso normale dei cittadini”.
“Il processo di sviluppo e diffusione delle nuove tecnologie – ha ricordato mons. Celli – deve trovare la Chiesa preparata”. A tal riguardo, l’arcivescovo ha evidenziato la vivacità della pastorale della comunicazione nelle diocesi di Cuba, la quale ha saputo mantenere vivi i vincoli interni grazie a un uso creativo di tutti i mezzi di cui ha potuto disporre. Tra questi: le riviste Vida cristiana e Palabra Nueva e il mensile Espacio Laical, pubblicati dall’arcidiocesi dell’Avana, il bimestrale Vitral della diocesi di Pinar del Río, presente anche on line (www.vitral.org), e la pubblicazione Cocuyo della diocesi di Holguín. A livello di nuove tecnologie, la Conferenza episcopale cubana dispone anche di un sito Internet (www.iglesiacubana.org). Il presidente del Pontificio Consiglio ha invitato i presenti all’incontro a promuovere spazi di formazione alla comunicazione e collaborazioni ad ampio raggio. Quindi un’osservazione conclusiva: “Nella cultura digitale non sono importanti solo le tecnologie, ma anche le persone capaci di esprimere bene i contenuti in questi nuovi linguaggi”.