Home Editoriale Ma il matrimonio non è un bene di consumo

Ma il matrimonio non è un bene di consumo

Via libera dal Senato al “divorzio breve”. Dopo il nuovo sì della Camera dei deputati il divorzio potrà essere chiesto trascorsi sei mesi dalla separazione in caso di accordo consensuale, un anno se si sarà fatto ricorso al giudice. È stata invece stralciata la norma che prevedeva il cosiddetto “divorzio immediato”, senza nemmeno passare dalla separazione. Il divorzio, da eccezione che era, sta diventando la norma.
L’introduzione nel nostro ordinamento del “divorzio breve” rappresenta l’esplicitazione del fatto che il matrimonio non è più un investimento di vita, bensì viene pensato come un bene di consumo, da liberarsene nel più breve tempo possibile quando non piace più. Tutto ciò che impedisce la rapidità nell’acquistare e nell’eliminare il bene di consumo deve essere tolto di mezzo. Nella crisi matrimoniale, dunque, non c’è più un problema da affrontare, ma un diritto da esercitare.

La prima conseguenze è culturale. Produrrà un’ulteriore precarizzazione della vita, con rapporti in continua costruzione e disfacimento, senza possibilità d’investire.
La seconda riguarda la possibilità di generare dei figli. È conseguenza della precarizzazione. Non ci si sposa per evitare di fare progetti e, quando lo si fa, si pensa bene prima di mettere al mondo dei figli che, in caso di una futura separazione, costituiscono un ostacolo perché la legge, giustamente, prevede per loro delle tutele.
Dobbiamo essere coscienti che con scelte di questo genere ci stiamo dirigendo verso una diversa concezione del matrimonio e della famiglia. Quest’ultima, da sempre, è il luogo tipico per la costruzione delle persone: non solo i figli che crescono sull’esempio dei genitori, ma anche gli stessi coniugi, che dal reciproco confronto escono uomini e donne ‘migliori’. Ora, invece, se al primo litigio si divorzia non c’è più quell’investimento nel miglioramento della qualità delle persone.
Su questi temi non è vera la contrapposizione fra laici e cattolici. La famiglia ha sempre rappresentato la stabilità, in tutte le società, per ragioni fondamentali, in primo luogo per far crescere i figli, ma anche per un aiuto e una fiducia reciproci. Noi cattolici vi abbiamo messo il suggello del sacramento, ma questo concetto di stabilità della famiglia appartiene a tutte le società e a tutte le culture. E, laddove il divorzio è stato ammesso, era pensato come un’eccezione. Ora, invece, più lo facciamo scivolare verso la facilità, più diventa normale.

Vera Negri Zamagni