Home Editoriale Ma dove va la politica?

Ma dove va la politica?

Il “caso” italiano, dal punto di vista politico, è sintetizzabile in due parole: incertezza e instabilità. Alla fine del periodo festivo ci attende l’esito (un “rimpasto” di ministri? Un Conte3? Un governo del tutto nuovo?) di una crisi dei rapporti nella maggioranza che appare lontana in modo siderale dai problemi reali del Paese.

Problemi che pure l’esecutivo in carica ha affrontato e sta affrontando in modo non disprezzabile, anche se tutt’altro che esente da errori. E intanto sul versante dell’opposizione continuano a prevalere toni demagogici e barricaderi che a volte riescono a intercettare certi umori della “pancia” del Paese, ma non sembrano in grado di costruire ipotesi realistiche di alternativa e sistematicamente ci portano in rotta di collisione con l’imprescindibile collocazione europea dell’Italia.

Il calendario del 2021 mette già di fronte ai partiti un appuntamento di grande rilevanza: il voto per i sindaci delle maggiori città italiane, Capitale compresa, nella prossima primavera. E c’è da temere che saremo presto in preda alla sindrome da campagna elettorale (ammesso che ci sia mai stata un’effettiva pausa). Gli specialisti segnalano inoltre che ai primi d’agosto scatterà il “semestre bianco”, gli ultimi sei mesi di mandato in cui il Presidente della Repubblica non può esercitare il potere di scioglimento delle Camere. E senza il deterrente delle elezioni anticipate c’è chi immagina fin d’ora vorticosi valzer di maggioranze.

È utile tenere presenti queste scadenze per cogliere quel che talvolta c’è dietro i comportamenti di alcuni soggetti politici. Ma se guardiamo il davanti della politica, le grandi questioni che il Paese dovrà affrontare nei primi mesi del nuovo anno, l’agenda è ben altra. La campagna per il vaccino anti-Covid implica una mobilitazione colossale che vedrà coinvolti progressivamente milioni di italiani almeno fino all’autunno.

Che dire poi dell’altra questione strategica, la ripresa economico-sociale, strettamente legata alle scelte che saranno compiute in ordine ai progetti da realizzare con i fondi straordinari europei e alle procedure per un impiego efficiente e socialmente produttivo di tali risorse.

Negli ultimi sette anni siamo riusciti a spendere appena il 40% dei finanziamenti europei già attivi e ora, con il Paese stremato dalla pandemia, non possiamo permetterci di perdere l’occasione storica che ci si presenta. Per la politica italiana è una sfida decisiva. E per vincerla bisogna sostituire l’incertezza e l’instabilità con le tre parole che il Capo dello Stato ha sottolineato in un recente intervento: “serietà”, “sacrifici” e “unità”. Linguaggi che la politica italiana fatica ad intendere.

Stefano De Martis