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LO SPIRITO SVELA GESÙ

Per riflettere/ La Pentecoste

Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del Padre…: Giovanni battezzò con acqua, voi invece… sarete battezzati in Spirito Santo (At 1,4-5)

La Promessa

È la solenne promessa che Gesù risorto, in procinto di ascendere al cielo, fa ai suoi più intimi, dopo essersi ripetutamente mostrato loro vivo. A questo grave impegno avrebbe dovuto far seguito la gioiosa meraviglia di chi è da tempo in attesa, invece la reazione degli apostoli è una sconcertante domanda: Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele? (At 1,6).

Non è ancora giunta la Pentecoste e i suoi non hanno ancora capito chi è Gesù; per loro è ancora l’atteso Messia terreno che finalmente esaudirà il loro desiderio: la ricostituzione di un regno davidico per Israele. La pacata risposta di Gesù lo mostra ancora una volta come modello di pazienza, che compatisce l’ignoranza invincibile degli apostoli: Non spetta a voi conoscere i tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere ( At 1,7-8). Il Maestro sa che è necessaria una forza sconvolgente che stravolgerà le loro convinzioni, gettando una luce nuova nelle loro anime: riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi (At 1,8).

Durante la sua vita terrena Gesù aveva ripetutamente promesso che non li avrebbe lasciati orfani, perché avrebbe ottenuto dal Padre lo Spirito della verità – che il mondo non può ricevere – come perenne compagno del loro cammino e che avrebbe insegnato loro ogni cosa (Gv 14,16), facendo riaffiorare alla mente tutto ciò che aveva detto loro. Il vento gagliardo e le fiamme di fuoco che li avvolgono il mattino di Pentecoste operano nei discepoli la metamorfosi del buio in splendida luce, che illumina il loro rapporto con il Messia. La rivelazione dell’insegnamento di Gesù incomincia a prendere corpo.

Senza di me non potete fare nulla (Gv 15,5) Chissà quale sorpresa nel vedere illuminato il contenuto di quella frase sibillina: Senza di me non potete fare nulla ( Gv 15,5)! La sua interpretazione diventa: non potete fare nulla che valga per l’eternità!

È la stessa meraviglia che pervade noi quando, sotto l’azione dello Spirito ci accorgiamo che le nostre reti sono sempre vuote, allorché lavoriamo con le sole forze umane. Gesù sa che se non è Lui a vivere in noi e a condurre la nostra vita con il suo Spirito, il risultato è deludente. Il Vangelo parla di comunione con la sua Onnipotenza, ma noi troppo spesso confondiamo Dio con le opere che facciamo per Lui ogni giorno. I due piani, però, sono diversi: le realtà sacrosante, anche urgenti o imprescindibili (famiglia, figli, studio, lavoro…), compiute spesso con tanta fatica, sfuggono sovente alla sua azione, perché ce ne appropriamo e non gli permettiamo di farle con noi, corriamo da pazzi e non troviamo il modo di farlo entrarenelle nostre cose; allora queste ci affaticano, a volte ci tolgono il respiro e ci deprimono, ma Lui stesso ci indica il rimedio.

Rimanete in me ed io in voi (Gv 15,4)

È l’unica condizione alla quale possiamo dedicarci alle sue opere senza esserne travolti, perché sarà lui stesso a farle, e più l’identificazione con Lui sarà perfetta, più i frutti saranno prodigiosamente abbondanti, perché il nostro lavoro diventerà affar suo; non servirà più correre e affannarsi. Anche le opere di apostolato (catechismo, raccolta per i poveri…) non sono esenti dall’inganno di Satana che si adopera per sostituire, nella mente e nel cuore dei ‘buoni cristiani’, Dio con le opere di Dio; sono forme di ateismo, perché le cose prendono il posto di Dio. Noi sprechiamo anche preziose energie per compiere opere apparentemente utili, meravigliose, ma in realtà costruiamo sulla sabbia; le opere più importanti non ci autorizzano a separarci da Lui ed esse avranno valore soltanto se fatte restando immerse in lui. Spesso ci illudiamo che stiamo lavorando per la sua gloria, mentre non facciamo che soddisfare il nostro desiderio di possesso, il nostro amore umano… Allora quali sono i frutti? Abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla, perché non c’era lui sulla barca. È la tentazione più pericolosa; il Maligno sa benissimo che, se siamo con Gesù siamo forti, potenti, invincibili come Lui, intoccabili, come Lui.

L’opera dello Spirito in noi sarà proprio quella di dare a Gesù la consolazione di lasciarci portare fra e sue braccia; è il riposo più proficuo e fecondo per l’umanità, perché l’anima lascia a lui tutta l’azione.

Chi rimane in me ed io in lui porta molto frutto (Gv 15,5) Chi rimane in me non significa, dunque, solo qualche minuto, per poi rituffarci nelle cose da fare, ma riservare i nostri pensieri, il cuore, le aspirazioni, le passioni, gli entusiasmi, i sentimenti, gli sguardi, le attenzioni, a Lui solo, che vive in noi. E a portare frutto siamo chiamati quando ci ha detto: Vi ho scelti, perché andiate e portiate frutto, un frutto duraturo (Gv 15,17), Come si fa per portare frutto se siamo deboli e incapaci? Qualunque cosa chiederete al Padre egli ve la concederà nel mio nome (Gv 16,23). Ma chiedere nel nome di Gesù non è una formula magica, perché il nome di Gesù non è una parola, ma Gesù stesso. Allora pregare nel nome di Gesù equivale a pregare in Gesù e con Gesù, fare pregare Gesù, vivo e presente in noi.

Laila Lucci