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L’Ippogrifo va in città

Ci sono estati che rimangono nel cuore. Quelle degli anni delle medie e delle superiori, ad esempio, quando le vacanze durano da giugno a settembre, e le giornate passano tra uscite con gli amici, esperienze formative ed escursioni e visite a luoghi che formeranno il nostro carattere. E’ la natura, la vita all’aria aperta il filo rosso che lega queste avventure.

Sembrerebbe quasi superfluo dirlo, ma oggi non è così scontato. Se di norma i ragazzi, dai 13 anni in avanti passano molte ore in casa, quest’anno, con l’emergenza Coronavirus, la tendenza si è accentuata ancora di più, col rischio di perdere una parte importante della preadolescenza.

“Per i genitori è facile coinvolgere i bambini quando sono ancora piccoli in attività sportive e ludico creative, mentre, crescendo, i ragazzini si allontanano sempre di più sia dalle attività sportive che dai contenitori sociali e si isolano sempre di più, a maggior ragione con quello che è successo quest’anno afferma Mariagrazia Squadrani, presidente associazione Ippogrifo – I ragazzi di quella età (l’età delle medie) devono lavorare sulla loro identità, e hanno bisogno di stare in un luogo non giudicante, dove si sentano tranquilli; e in natura, con gli animali, questo succede sempre”.

Il Centro Ippogrifo, sulle prime colline di Rimini, è una vasta area che comprende vigneti, un maneggio, boschi, aree di gioco e altri spazi all’aperto gestito dall’associazione Ippogrifo che, tra le numerose attività proposte, gestisce anche un centro estivo.

Particolarità di questo centro è la proposta, per i ragazzi dell’età tra i 12 e i 15 anni, di un progetto chiamato l’Ippogrifo va in città.

“È un progetto, sviluppato in rete con altre associazioni, di educazione outdoor, in natura, per consentire a questi ragazzi un’esperienza unica – dice Antonio Natoli, educatore e presidente dell’associazione EduAction – Cerchiamo di lavorare sull’autonomia, sulla responsabilità e sulla ricerca della propria identità”.

L’Ippogrifo va in città è un progetto itinerante che porta i ragazzi in giro in bicicletta per la città di Rimini e il circondario alla scoperta di luoghi, delle attività del territorio, della storia e molto altro.

“ Siamo itineranti – continua Antonio – il programma è soggetto a continui cambiamenti sulla base delle scelte del gruppo. Ci muoviamo in bicicletta. La base è alle scuole Lambruschini a Rimini, vicino al parco Marecchia, ma poi tutto si svolge attraverso gli spostamenti in bicicletta”.

“Il nostro obiettivo è quello di stare bene con i ragazzi aggiunge Simone Morri, educatore – Organizziamo le attività in base a quello che ci piace fare, e questo è il modo migliore per trasmettere la bellezza delle cose ai ragazzi.

In questo percorso ci immaginiamo di essere al loro posto: cosa li può divertire, cosa li fa star bene, e nel contempo cerchiamo di mettere dentro dei contenuti, come la conoscenza del territorio, i lavori, la storia, e allo stesso tempo cerchiamo di trovare degli spazi in cui loro possano conoscere delle realtà importanti nel nostro territorio”.

Quest’anno, tra le tante attività, il centro ha portato i ragazzi a conoscere gli ospiti del centro di accoglienza Casa Don Gallo gestito da Casa Madiba.

“È stata un’attività che abbiamo preparato come scambio continua Simone – I nostri ragazzi sono andati a conoscere alcuni ospiti della casa e hanno ascoltato le loro storie: hanno immaginato il viaggio che hanno fatto per arrivare in Italia; gli hanno chiesto perché sono partiti e hanno discusso di questi temi. Allo stesso tempo, i ragazzi volevano dare qualcosa in cambio delle loro storie, e hanno deciso di portare la piadina”.

Le parole, l’incontro con gli ospiti di Casa Don Gallo è rimasto vivido nella memoria dei ragazzi che lo ricordano con affetto.

“Mi è rimasto impresso il fatto che prima vivevano storie difficili, in povertà, ma ce le hanno raccontate senza peso e senza problemi” racconta Yang Trivelli, un ragazzo che ha partecipato all’incontro.

Un altro ragazzo, Nicola Mussoni, aggiunge: “ Mi ricordo che quando siamo arrivati sono usciti due ragazzi. Uno si è seduto di fianco a me, e ha cominciato a parlare. Mentre ascoltavo la sua storia ero teso, mi veniva da commuovermi. Dopo abbiamo fatto la piadina e ci hanno ringraziato”.

Sorridono i ragazzi mentre ripensano alle esperienze vissute. Ricordano non solo le cose belle e i luoghi visitati, ma anche la fatica dei lunghi tragitti in bicicletta, il caldo, le attese, e alla fine cominciano a rendersi conto che è la somma di tutti questi vissuti che parteciperà a comporre la loro futura personalità.

“È bello perché vedi cose nuove e fai esperienze che non hai mai fatto – conclude Yang – Impari anche a rispettare le cose degli altri e a stare assieme agli altri”.