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L’inaspettato tiepolesco

Montegiardino, uno dei nove Castelli della Repubblica di San Marino, è un paese piccolo, ben restaurato e pittoresco tanto per la sua conformazione quanto per la sua posizione. Ha un parroco americano (don Luis Isaias Guanopatin) e una chiesa parrocchiale rifatta nell’Ottocento, dedicata a San Lorenzo, con alcune interessanti opere d’arte. In questa chiesa, appena un anno fa, è ritornata dopo una prolungata assenza una pala d’altare straordinaria raffigurante la Madonna della Misericordia, che mi permetto di segnalare con entusiasmo.
Quasi tutti i dipinti di questa chiesa erano stati restaurati benissimo negli anni Novanta del Novecento dal Laboratorio statale di restauro annesso al Museo di Stato della Repubblica, e in quell’occasione le due pale seicentesche erano state da me riconosciute come opere della bottega dell’urbinate Giovan Battista Urbinelli e di suo figlio Mariano. Una terza pala, quella appunto della Madonna della Misericordia, era rimasta nel magazzino del laboratorio in attesa di tempi migliori, cioè di diminuiti impegni esterni (il laboratorio lavorava ai complessi pittorici degli edifici statali della Repubblica: il Palazzo del Governo, la Casa di Castello di Serravalle, il cimitero di Montalbo ecc.). Le sue condizioni di conservazione erano disastrose: esposta ad un calore eccessivo a causa di un principio d’incendio, la sua superficie era alterata e come “bollita”, presentava cioè una gran quantità di piccoli crateri. Era attribuita a uno sconosciuto pittore bolognese del XVII-XVIII secolo, ma non avevo avuto esitazioni a riferirla piuttosto al riminese Marco Capizucchi (1784-1844) per un’accentuata somiglianza con altre sue opere, e come tale l’ho pubblicata un paio di volte; il suo interesse non era dovuto alla “qualità”, certo non alta, ma al fatto che era una delle pochissime opere di soggetto religioso di questo pittore, attivo per lo più come decoratore di appartamenti e di teatri. La sponsorizzazione di un istituto di credito (Asset Banca) ha permesso di accelerarne l’impegnativo restauro che, affidato ad una restauratrice esterna (Serena Brioli), ha portato ad un risultato inatteso: il dipinto visibile ne nascondeva completamente un altro, di quasi un secolo antecedente, con molti guasti, ma di ottima qualità. Non solo: la ridipintura aveva protetto dal calore la pittura originale, che appariva molto danneggiata, ma non dall’incendio.
La ricerca archivistica condotta (da Cristina Ravara) parallelamente al restauro non ha dato esiti significativi per quanto riguarda l’origine del dipinto, chiaramente settecentesco, ma ha permesso di verificare che a Montegiardino la presenza di un altare dedicato alla Madonna della Misericordia è segnalata per la prima volta solo nel 1804; e non ha fornito notizie utili a spiegare i danni subiti dalla pittura originaria. Forse era stata usata come gonfalone processionale, e nel giro di qualche decennio si era deteriorata? Comunque, per ovviare ai danni subiti, all’inizio dell’Ottocento si decise di “restaurarla”, naturalmente con i metodi in uso allora: cioè ridipingendola. A questo scopo venne affidata al pittore Marco Capizucchi che, vista l’impossibilità di ritoccarne le troppo numerose e sparse lacune, la ridipinse interamente, riprendendone però con diligenza non solo la composizione e i colori, ma anche gli atteggiamenti, le proporzioni, i volti e i costumi delle figure. È evidente che non intendeva minimamente fare un’opera nuova, originale, ma solo “restituire” ai fedeli di Montegiardino l’immagine della loro Madonna; si permise solo una piccola variante eliminando un lembo del suo mantello, per renderne il corpo più regolare e slanciato: tale variante poteva essere stata richiesta dai committenti stessi, che forse non gradivano la leziosità tutta settecentesca della posa originaria.
La liberazione dalla ridipintura ottocentesca – sorda e solo accademicamente corretta – ha portato alla scoperta di un’opera veneta bellissima, di un pittore molto vicino a Giovan Battista Tiepolo; oltre che eccezionale, veramente inattesa, perché in Romagna non ci sono assolutamente opere di questo grande pittore e dei suoi seguaci; e nelle Marche ce n’è una sola, a Camerino. Il Tiepolo e la sua bottega hanno lavorato tantissimo a Venezia e nel Veneto, a Milano, a Bergamo, a Udine, a Wurzburg, a Madrid, ma dalle nostre parti sembra non abbiano mai avuto dei “clienti”.
Le fotografie qui riprodotte potranno dare un’idea delle condizioni generali del dipinto prima e dopo l’ottimo restauro, ma non possono minimamente dare l’idea della freschezza e della felicità pittorica con cui è stato realizzato intorno alla metà del Settecento. Si tratta di un vero capolavoro, che due studiosi della pittura veneta (M. Favilla e R. Rugolo) hanno attribuito in maniera convincente a Francesco Zugno (1709-1787), un importante scolaro e aiutante del Tiepolo.
L’opera restaurata presenta diversi problemi, e prima di tutto quello della sua committenza: chi può averla commissionata per quella piccola parrocchia di campagna? Le ipotesi avanzate non sono convincenti. Secondo me potrebbe trattarsi di un acquisto fatto poco dopo il 1797, quando sul mercato finì a buon prezzo una grande quantità di opere d’arte delle più svariate provenienze a causa delle “soppressioni” napoleoniche (che non toccarono San Marino). Un altro problema riguarda l’iconografia, che solo a prima vista è la solita: la Madonna che allarga il suo mantello per proteggere i fedeli che vi si rifugiano. Infatti qui i fedeli sono soprattutto monaci e chierici: un domenicano e un francescano, entrambi con accanto una mitria vescovile (o abbaziale), e due sacerdoti con la cotta candida. In primo piano spicca un elegante ragazzo inginocchiato, mentre nello sfondo compaiono le teste di alcune donne e di due vecchi canuti a rappresentare una folla indistinta alla ricerca di protezione e di misericordia. Ci sarà dunque ancora molto da studiare su questo dipinto che, sbarazzato dalla ridipintura e risarcito accuratamente nelle antiche lacune, ora ci si presenta nel suo smagliante aspetto originale.

Pier Giorgio Pasini