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L’EUROPA IL NOSTRO DESTINO

Political map of Europe with borders of the regions.

Per fortuna (nostra) le voci che volevano la fuoriuscita dell’Italia dall’Unione Europea, con l’idea che da soli faremmo meglio, sono quasi scomparse. Dobbiamo dire che una grossa mano a questo risultato l’ha dato la Brexit, l’abbandono dell’Europa del Regno Unito, votato a maggioranza dagli inglesi (già pentiti) e diventata effettiva dal primo gennaio 2021.

Brexit che ha clamorosamente mancato tutti gli obiettivi demagogicamente promessi dai promotori. Infatti, l’economia inglese, ha perso cinque punti rispetto ai Paesi più avanzati, il commercio internazionale si è ridotto, gli investimenti sono calati, sono diminuiti i migranti europei (non c’è più libera circolazione), ma non quelli provenienti da paesi extra europei, tanto da risultare, negli ultimi due anni, una immigrazione netta (differenza tra chi arriva e chi parte) di oltre mezzo milione di persone. Ciononostante molti posti di lavoro restano vacanti. Il Centre for Economic Performance della London School of Economics ha anche calcolato che la Brexit sia costata 6 miliardi in più ai britannici in termini di spesa alimentare. Insomma, un vero disastro. Ma anche un monito per eventuali future proposte di abbandono dell’UE, tanto ingannevoli quanto inefficaci. Perché ci sono numeri che, piaccia o no, sono difficili da eludere: l’economia italiana, nel mondo, vale appena il 2.3% del Pil globale (a fronte del 24% di quella

americana e del 18% della Cina); siamo il terzo Paese, dopo Giappone e Grecia, con il debito pubblico più elevato; c’è un Fondo privato, il Black Rock, che da solo muove risorse pari a cinque volte il Pil italiano e tre volte quello tedesco; la nostra popolazione, che diminuisce e invecchia, vale lo 0.7% di quella mondiale (13% in Europa); più della meta delle nostre esportazioni di beni e servizi finiscono in Europa, nostro principale mercato. Tutto questo per dire che l’Italia, da sola, cioè senza Europa, è troppo piccola per poter contare veramente.

E gridare, lanciare slogan contro questo o quello, non aiuta, anzi rischia di produrre l’effetto contrario. Cioè di aumentare le diffidenze nei nostri confronti. Tutt’altra cosa l’Europa, che economicamente vale il 15% del Pil mondiale, quindi immediatamente dietro Stati Uniti e Cina, turisticamente accoglie il 40% dei viaggiatori globali e i suoi 447 milioni di residenti, con un reddito medio-alto, rappresentano il principale mercato al mondo.

Con questi numeri l’Europa può sedere e trattare al tavolo dei principali attori mondiali, cosa che nessun Paese, da solo, Italia compresa, sarebbe in condizione di fare. Se non per amore è quindi per convenienza che l’Europa ci conviene. Perché fuori non c’è futuro, ma solo isolamento e declino.

Questo non vuol dire che in Europa (Parlamento, Commissione, Consiglio) tutto funzioni al meglio,

anzi, parecchie cose sono da cambiare, a cominciare dal poter prendere le decisioni a maggioranza qualificata, perché l’unanimità, quando si diventa in tanti, attualmente sono 27 i paesi dell’Unione, da sempre a qualcuno un potere di veto sproporzionato, capace di bloccare qualsiasi decisione.

E l’immobilismo non è il modo per stare al passo di un mondo che cambia velocemente. Alle ultime elezioni Europee del 2019 i votanti, in provincia di Rimini, sono stati il 62% degli aventi diritto.

Ecco: un modo per cambiare in meglio è anche quello di partecipare, cioè di recarsi alle urne. Perché l’astensionismo non risolve i problemi e lascia ad una minoranza di votanti decisioni che peseranno anche sulle nostre vite.