Un tratto sapiente, una tecnica raffinata, per disegni concettualmente contorti ed immagini oniriche. Questo è ciò che risalta dell’opera di un artista quasi sconosciuto come Fortunato Duranti (Montefortino, 25 settembre 1787 – 7 febbraio 1863), al quale Rimini dedica ora una mostra nell’ambito della “Biennale del Disegno”, presso il Museo della Città, dal 28 aprile al 15 luglio 2018 (catalogo Bookstones).
Disegnatore, pittore, collezionista e mercante d’arte, ricevuta una prima istruzione a Cupramontana, nelle Marche, fu poi ospitato a Jesi dall’illustre famiglia Honorati, grazie alla quale poté trasferirsi a Roma e trovare spazio nelle accademie della città. Immerso in un ricco contesto e di fermento culturale ed entrato in contatto con artisti che rappresenteranno per lui fonti e stimoli, Duranti affinò la sua tecnica e maturò il suo stile, associando ad una formazione classica e neoclassica diversi elementi del romanticismo contemporaneo.
La sua psiche, probabilmente già instabile, ricevette un duro colpo quando, nel 1815, mentre viaggiava verso la Germania come mercante d’arte, venne accusato di spionaggio. Subì una breve reclusione e la collezione che portava con sé fu requisita. Con un’integrità mentale irrimediabilmente compromessa, Duranti vivrà, dal 1840 fino alla morte, isolato in una torre della nativa Montefortino. Eppure le sue relazioni sociali risulteranno normali. Stimato conoscitore d’arte, era consultato dai mercanti e frequentato dai collezionisti. Il suo disagio si espresse tutto nella sua produzione artistica, ricca di immagini distorte, di elementi fiabeschi e mostruosi, uno stile che ce lo fa accostare a Goya, a Blake, soprattutto a Füssli, artisti che, forse, non conobbe neppure.
La sua arte fu reazione alla follia, in essa si ravvisa il desiderio di un’integrità perduta. Ai disegni affiancò spesso scritti, nei quali non riusciamo però a trovare un senso logico. Avvicinarsi all’opera di Duranti significa sviscerare un mondo solo suo, in cui la realtà sensibile è soverchiata da un abisso interiore senza più armonia, una realtà segreta che racconta della ricerca di una forma che al contempo è necessario spezzare.
Presentata nella rassegna “I Maestri e il Tempo” dai curatori, lo storico e critico d’arte Alessandro Giovanardi e il pittore, disegnatore e collezionista Franco Pozzi, la mostra “Le carte della follia”, nell’ambito della terza edizione della Biennale del Disegno, permetterà di scoprire parte dell’opera di questo straordinario artista.
Filippo Mancini