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La tassa mafiosa che paghiamo tutti

Le imprese mafiose sono una realtà presente anche in provincia di Rimini, come dimostrano i sequestri di alberghi, abitazioni e pizzerie. Otto per l’esattezza, secondo il sito mafieeantimafia.it: in regione, la provincia più piccola col numero più grande. Come operano queste aziende e quale cancro rappresentino per un’economia locale lo sa bene la professoressa Stefania Pellegrinidell’Università di Bologna, direttrice del Master in Gestione e riutilizzo dei beni e delle aziende confiscate alle mafie.

Professoressa, come avviene al nord il controllo mafioso del territorio?
“Le mafie seguono la logica del piccolo è bello. Si introducono in settori specifici, a basso livello tecnologico, in aziende di piccola scala, dove circola molto contante. Caratteristiche tipiche del settore turistico. Bar, ristoranti e pizzerie permettono di riciclare denaro ed impiantare delle antenne di controllo sul territorio. È in questo modo che la camorra si è impossessata dell’hinterland milanese. Spesso si tratta di locali fantasma creati per mascherare introiti illeciti, come quelli derivanti da ricatti, prestiti usurai, ma anche da attività edili”.

In che modo le imprese mafiose consumano un territorio?
“Il mafioso prima sfrutta l’impresa creandosi un ciclo protetto di fornitori, finanziatori, persino banche complici, la cui forza economica è falsata, drogata da meccanismi illeciti. Esaurite le sue necessità, l’abbandona, perché non ha alcun interesse nel gestirla. L’impresa così non è più in grado di stare sul mercato e quando arriva lo Stato, è ormai in rovina. Sono sempre di più quelle che giungono decotte al sequestro. Gli ignari dipendenti si vedono addossati l’etichetta del lavoratore mafioso, seppure non abbiano mai conosciuto il titolare”.

Imprese mafiose, ma anche imprese pulite che si affiliano. Che differenza c’è?
“Le imprese a partecipazione mafiosa sono le più difficili da colpire, perché l’immagine è pulita; godono di rispettabilità sul mercato. Sono economie bifronte: dietro l’imprenditore insospettabile che ci mette la faccia si cela un sodalizio con la criminalità organizzata. Invece, l’azienda con imprenditore mafioso, non avendo capacità imprenditoriale, va avanti ad intimidazioni”.

A chi sostiene “almeno la mafia dà lavoro, ci protegge” cosa risponde?
“Non lasciamoci abbindolare dalla tesi secondo la quale la mafia sostiene la nostra economia, e se la si sottrae crolla tutto. Noi come collettività paghiamo una tassa mafiosa per vari motivi. Innanzitutto queste imprese rendono il Paese meno competitivo dato che i mafiosi non hanno interessi imprenditoriali, non interessa la crescita o il fare commercio, ma solo riciclare denaro. La mafia crea un’economia solo per se stessa! Poi si perde la fiducia degli investitori stranieri e dei giovani. È inutile investire nell’imprenditorialità giovanile se non la si difende dalla concorrenza sleale. Vi sono inoltre spese immateriali, come giustizia, recupero dei beni; fondi antiracket, antiusura, per le vittime delle mafie, per i malati di gioco d’azzardo (un milione in Italia)… e il conto lo paghiamo noi”.

Il concetto di “tassa mafiosa” è efficace… e inquietante.
“Il fatto è che l’economia illegale, parallela a quella legale, è qualcosa che subiamo tutti. Se il Pil non aumenta mentre il debito pubblico sì, è per l’incapacità dell’economia sana di stare al passo. A rimetterci saranno i nostri figli: abbiamo una responsabilità enorme verso i bambini. Per questo dobbiamo liberarci dalle mafie”.

Come poterlo fare?
“Bisogna creare una rete di protezione attorno alle aziende, perché è il commerciante isolato che viene colpito. Va poi migliorato l’apparato normativo, ad oggi insufficiente (don Luigi Ciotti dice, la vera antimafia va fatta in Parlamento). Però non si può delegare tutto a Stato o forze dell’ordine. È indispensabile che a tutti i livelli ci sia attenzione nell’individuare elementi di criticità: sindacati, associazioni di categoria, professionisti e cittadini comuni. Va fatto capire alla gente, a partire dalla chiacchierata con gli amici, che l’economia mafiosa è un sistema che ci impoverisce tutti”.

Mirco Paganelli