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La sveglia o nessun futuro

“Siamo profondamente persuasi che i giovani di oggi siano in grado di dare una spinta decisiva al cambio di passo del nostro Paese”. Ecco perché “non si possono tradire: sono indispensabili oggi, non solo domani”. Parole di estrema fiducia, quelle tributate ai giovani dal cardinal Bagnasco nella sua relazione di apertura al Consiglio permanente della Cei. Ma a queste parole sapremo rispondere con dei fatti?
Anche nel riminese, che pur con il turismo che ricopre un importante ruolo di ammortizzatore sociale, la situazione non è davvero rosea. Il Rapporto economico appena presentato dalla Camera di Commercio è lapidario: “il tasso di disoccupazione giovanile, in provincia di Rimini si è attestato, nel 2010, al 18,0% rispetto ad un tasso di disoccupazione generale del 7,8%; la situazione negli ultimi tre anni si è aggravata sensibilmente, passando dall’8,1% nel 2008, al 13,8% nel 2009, per arrivare al citato 18,0% del 2010”. Le donne poi sono le più colpite arrivando ad un 20,3%. E questi sono dati del 2010, con un 2011 non certo sfavillante.
Anche i numeri sull’imprenditoria giovanile non sono affatto confortanti. Questi sono un po’ più recenti, del 2011. In provincia risultano 2.632 i giovani imprenditori, di cui 1.780 uomini (67,6% sul tot., -4,0% sul 2010) e 852 donne (+1,4% sul 2010), con una variazione percentuale negativa del 2,3% sul 2010 (2.694 unità) e negativa del 7,7% sul 2009 (2.852 unità).
È vero, spesso accusiamo i nostri figli di affrontare la vita senza una prospettiva di futuro. Ma provate ad interrogare un giovane per strada e chiedetegli che lavoro fa. Chiedetegli cos’ha studiato e, soprattutto, quando scadrà il suo contratto. Poi chiedetevi: che fiducia avreste voi nel futuro se foste nella sua situazione? È vero, dati alla mano, prima del 2000 i giovani disoccupati in Italia erano ancor più di oggi. Ma qualcosa è cambiato. Allargando lo sguardo, il problema non si ferma al precariato e alla disoccupazione, ma coinvolge una società inadeguata ad accoglierli davvero. Provate a chiedere un mutuo con un contratto di due anni o a immaginare di avere un figlio. Provate a pensare di condividere con la persona che amate una vita dettata dalla mobilità forzata.
Ad un giovane viene chiesto di studiare per molti anni, di prepararsi ad immergersi in una realtà globale che richiede flessibilità, mobilità, capacità di inventiva, competenze e conoscenze sempre più approfondite, ma poi viene lasciato solo ad affrontare una situazione più grande di lui, in cui è facile smarrirsi. Per quanto le stelle staranno a guardare?