Home Storia e Storie LA STORIA DI RICCIONE IN DUE LIBRI DI ARMANDO SEMPRINI

LA STORIA DI RICCIONE IN DUE LIBRI DI ARMANDO SEMPRINI

In questi mesi, al Palazzo del Turismo di Riccione, sono stati presentati Riccione nell’Ottocento La nascita del mito, e Don Carlo Tonini e la Chiesa di San Martino, due impegnative opere di Armando Semprini (pubblicate entrambe da La Piazza Editore). L’autore, per oltre due ore, ha suscitato un’autentica emozione nelle numerose persone presenti, tramite un commento tanto appassionato quanto competente e rigoroso, di alcune centinaia di immagini riportate nei due saggi, che si fondono e compenetrano con grande efficacia. Due libri che costituiscono un notevole contributo alla conoscenza di un secolo in cui “la misera landa sabbiosa”, com’era sovente definita Riccione fino agli anni Sessanta dell’Ottocento, pose le basi per divenire una stazione balneare ambita e apprezzata in Italia e in Europa. Una copiosa dotazione iconografica e documentaria recuperata in un trentennio, esito di una costante frequentazione di librerie antiquarie, mostre, fiere, mercatini italiani ed esteri, si è tradotta in due pubblicazioni godibili e pregne di contenuti. Materiali diversi, quali cartoline, manifesti, locandine teatrali, opuscoli pubblicitari di alberghi e ritrovi, ritagli di giornali e riviste, in buona parte inediti o poco noti, illustrano degnamente la nostra Riccione, all’incirca dalla seconda metà del XIX secolo allo scoppio della Grande Guerra.

Il Semprini ha il merito di essersi avvalso con profitto di fonti primarie e di un’ampia bibliografia di libri e saggi, e di averla sapientemente impreziosita con una lettura attenta e accurata dei documenti da lui stesso rinvenuti. Tali reperti gli consentono di svelare, tra l’altro, aspetti non conosciuti di vicende e di personaggi legatissimi ed affascinati da Riccione e dalla sua spiaggia, fin dalla loro venuta sull’Adriatico. Quanto mai opportuna appare la scelta dell’autore di dedicare un intero saggio al parroco don Carlo Tonini e alla Chiesa di San Martino, in considerazione del ruolo prioritario che ha avuto quel sacerdote, di non comune cultura, per il riscatto economico, civile e sociale dell’umile borgata riccionese. Apprezzabile risulta l’apporto di nuove conoscenze su di un curato che fu il vero rappresentante delle istanze dei riccionesi presso la municipalità riminese, e che in un certo senso anticipò le rivendicazioni di quell’autonomia comunale, che Riccione otterrà solamente molti anni dopo, al termine di reiterate manifestazioni di protesta. Pur tuttavia, com’è sostenuto da parecchi riccionesi, appare incomprensibile come, sino ad oggi, dal 1922, anno della conquista dell’autonomia comunale, le diverse amministrazioni che si sono succedute al governo della città non abbiano ritenuto giusto dedicare una via, una piazza, a questa eminente e unica personalità locale.

 

Alle origini del “mito” riccionese

Sicuramente appropriata è la scelta del sottotitolo dell’altro volume: “La nascita del mito”, giacché la fortuna di Riccione risale a quell’epoca e precisamente al momento (1862) in cui ebbe inizio la fermata del treno al casello n.120 sulla linea ferroviaria Bologna-Ancona: un evento straordinario, che ha rappresentato il principale motore del movimento turistico della futura “Perla verde dell’Adriatico”. Come giustamente evidenzia l’autore, il libro rappresenta “una sorta di compendio organico e ragionato della nostra storia relativa all’Ottocento e fino alla prima guerra mondiale, con la quale è finita un’epoca, quella della Bell’Époque, troncata drammaticamente dagli orrori del conflitto”. Un volume di 284 pagine, formato A4, in carta patinata, di grande pregio editoriale, che va letto e goduto con lentezza, perché ci permette un suggestivo viaggio a ritroso nel tempo, in cui la nostra città, da semplice frazione di Rimini, si avviava a divenire un centro turistico di importanza internazionale. Nell’opera, non da ultimo, vengono riportate anche notizie, immagini e documenti inediti, che permettono di conoscere fatti e cose non descritte prima da altri autori, o poco note.

Vorrei infine rimarcare la speranza dell’autore, un auspicio che ritengo sia ampiamente condivisibile da quanti hanno a cuore le sorti e il futuro di questa nostra città sorta dal nulla e cioè che Riccione “che per tanto tempo è stata sinonimo di meraviglia, immersa nel verde del mare, dei giardini e dei viali, riscaldata non solo dal sole, ma anche dall’ospitalità e cordialità dei suoi abitanti, possa continuare a rappresentare nell’immaginario collettivo qualcosa di piacevole e desiderabile”. E ancora, prosegue l’autore, sottolineando che lo studio del nostro passato “può anche servire alle nuove generazioni a evitare ulteriori gravi errori e soprattutto a non snaturare gli elementi umani e ambientali che ne sono stati all’origine, almeno per quel poco che ne è rimasto. È poi importante, e un dovere morale, che la nostra comunità manifesti riconoscenza per quei personaggi che ne hanno promosso lo sviluppo in campo economico, culturale e sociale. Gente come Don Carlo Tonini, il Conte Giacinto Soleri Martinelli, Maria Ceccarini e altri che li hanno seguiti nel tempo, non saranno mai abbastanza ricordati e ringraziati per quanto hanno fatto per noi, in cui non s’immaginava neanche che il mondo si potesse trasformare così radicalmente”.

Fosco Rocchetta