Home Ricchezza & povertà La provincia di Rimini penultima in regione per Pil per abitante


La provincia di Rimini penultima in regione per Pil per abitante


Secondo una ricerca Eurostat i residenti nel territorio riminese fatturano 10.000 euro in meno rispetto al resto dell’Emilia-Romagna

Nel 2023 la retribuzione media lorda di un dipendente privato non agricolo riminese (residente in provincia) era di 17.809 euro, che risulta la più bassa dell’Emilia-Romagna e ben 7.677 euro sotto la media regionale: una differenza in meno che supera il 30 per cento. Ma che può raggiungere 10.000 euro se il confronto si fa con Parma, Reggio Emilia, Modena e Bologna. Cioè con l’Emilia Valley. Per intenderci, il salario annuale minimo legale spagnolo, per l’anno 2025, è di 16.000 euro. Quindi Rimini è poco sopra il salario minimo spagnolo. A tirare in basso la media riminese sono le retribuzioni del turismo, dove lavorano tante persone, più di 35.000, ma con contratti brevi (134 le giornate lavorative l’anno) e salari bassi (63 euro la retribuzione media giornaliera, a fronte di 101 euro della manifattura). Tradotto in stipendio lordo annuo un dipendente nel turismo non arriva a guadagnare 9.000 euro. Quello nazionale, sempre nel turismo, non è tanto più alto: 10.000 euro. L’inflazione degli anni Venti ha poi peggiorato la situazione, tagliando le retribuzioni reali orarie nei servizi, una misura di quello che si può comprare con uno stipendio, come degli altri settori, del periodo 2019-2025 del 5 per cento. Non è colpa di nessuno ma è nella caratteristica dell’economia turistica, soprattutto quella incentrata sulla stagionalità, com’è il caso del balneare. Se il peso della stagionalità fosse ridotto, attualmente tra giugno e agosto si concentrano i due terzi dei pernottamenti annuali, con una maggiore distribuzione delle presenze lungo tutto l’arco dell’anno, sicuramente la situazione potrebbe migliorare. Lo dimostrano i casi di città d’arte come Venezia, Bologna, Firenze e Roma, che attraggono un turismo prevalentemente culturale, meglio distribuito nell’arco dell’anno, dove le retribuzioni annuali sono più alte di circa 5.000 euro, anche perché si lavora periodi più lunghi. Una maggiore destagionalizzazione porterebbe dei benefici ma non eliminerebbe per completo la differenza con gli altri settori dell’attività economica, in particolare col manifatturiero. La ragione sta nella minore produzione di valore aggiunto del turismo rispetto a tutte le altre attività. Se la torta che si impasta è più piccola, giocoforza i redditi da distribuire non possono essere alti. Normalmente il valore aggiunto per addetto nel turismo è circa un quarto di quello della fabbricazione di macchinari e mezzi di trasporto. Poi c’entra anche come avviene la distribuzione tra salari e profitti, ma la realtà di base non cambia. Se una parte importante dell’economia di un territorio produce poco valore è evidente che sarà tutta l’economia a risentirne. Recenti dati Eurostat (l’Ente statistico europeo), che ha calcolato il Pil delle province europee a parità di potere d’acquisto per l’anno 2023, cioè la ricchezza prodotta al netto dell’inflazione, ce ne offre una ulteriore dimostrazione e conferma. Lontana dalle province più ricche, che superano abbondantemente i 50.000 euro di Pil per abitante, classifica dove figurano solo due italiane, Milano e Bolzano, la provincia di Rimini, con 35.300 euro è, dopo Ferrara, in fondo alle province dell’Emilia-Romagna, quasi 10.000 euro sotto il dato medio di questa regione, ed inferiore persino alla media nazionale ed europea. Rispetto al 2015, il Pil per abitante di Rimini, sempre a parità di potere d’acquisto, è cresciuto del 23 per cento, grosso modo in linea con la media regionale, ma meno del 31 per cento dell’Unione Europea. Questo sta a significare che la provincia di Rimini si sta allontanando dalle province più virtuose del vecchio continente. Una ragione in più per aggiornare, nella direzione di ricercare attività a maggiore valore aggiunto da insediare nel territorio, il vecchio modello di sviluppo locale. Perché le conseguenze penalizzano tutti, ma in particolare i redditi bassi. Un esempio ci è stato offerto da una recente elaborazione del ‘Il Sole 24 Ore’ (13/10/2025) su quanti stipendi sono necessari per ripagare un debito con le banche di circa 40.000 euro: in tutta l’Emilia-Romagna ce ne vogliono una ventina, a Rimini trenta. Piuttosto penalizzante. Ma va decisamente peggio se si contano il numero degli stipendi per comprare una casa di 60 mq in una zona semi centrale: a Rimini ce ne vogliono 147, il doppio della media nazionale, ma anche più di Bologna 115, Modena 82 e Reggio Emilia 70 (Sole24Ore, Qualità della vita 2025).