Home Storia e Storie La prima Austerity. Correva l’anno 1973

La prima Austerity. Correva l’anno 1973

Correva l’anno 1973, quando per la prima volta In Italia si sperimentò il divieto di circolazione delle auto. Anche a Rimini, in quel lontano 1973 tutto si fermò. Lo stop generalizzato fu fissato di domenica. Vi è tuttavia una sostanziale differenza: oggi si blocca la circolazione una volta la settimana per ridurre l’inquinamento atmosferico, allora si bloccò il movimento veicolare per la famosa crisi energetica. Tutto si originò con la guerra araboisraeliana dello Yom Kippur, tra il 6 ed il 27 ottobre 1973, in cui Egitto e Siria attaccarono Israele, ma dopo 20 giorni di guerra, gli israeliani ebbero il sopravvento. Gli Arabi allora, per vendicarsi degli Stati Uniti e dell’Europa che avevano aiutato Israele, bloccarono le forniture di greggio a questi paesi.

Tutta colpa della guerra
L’embargo ebbe l’effetto di aumentare di quattro volte il prezzo del petrolio, evidenziando la dipendenza dei paesi industrializzati dai paesi mediorientali per quanto concerneva l’oro nero. Gli effetti più pesanti si sentirono in Europa e in Giappone, dove i ripetuti rincari del petrolio misero in ginocchio i paesi consumatori tanto da costringerli a varare misure d’emergenza per fronteggiare la crisi. In Italia, per controbattere l’aumento dei prezzi dei derivati del petrolio, vennero introdotte limitazioni ai consumi di elettricità che cambiarono profondamente le abitudini dei cittadini. Il governo Rumor varò, il 22 novembre 1973, il decretone detto “dell’austerity” e con questo aumentò il prezzo della benzina e del gasolio da riscaldamento e venne imposto una sorta di coprifuoco salva energia. Fu, infatti, dimezzata l’illuminazione pubblica nelle città, compresi gli addobbi natalizi. L’orario dei negozi venne ridotto, la chiusura di cinema e bar fu anticipata, e fu fissato, per le ore 23, il limite temporale per le trasmissioni RAI. Fu inoltre abbassato a 130 Km orari il limite di velocità per le auto in circolazione sull’autostrada, mentre la temperatura di riscaldamento delle case fu tassativamente stabilita in 20°.

L’effetto psicologico
Tuttavia l’effetto psicologico più incisivo fu quello legato al divieto assoluto di circolazione dei mezzi privati, per risparmiare carburante, ad iniziare da domenica 2 dicembre 1973 e per tutte le altre domeniche e giorni festivi susseguenti. Si ipotizzò infatti, che con questo stop all’uso privato, si potessero risparmiare ben 50 milioni di litri per volta. Le deroghe riguardavano le automobili del corpo diplomatico, i mezzi di trasporto pubblico, i veicoli del soccorso sanitario, delle forze armate e della polizia, dei pompieri, dei medici e dei veterinari, nonchè dei sacerdoti e degli addetti ai servizi postali ed alla distribuzione della stampa quotidiana. Al fine di rendere coercitiva la manovra, fu istituita una speciale contravvenzione per i trasgressori al divieto di circolazione festivo che prevedeva la multa da Lire 100.000 a Lire 1.000,000, cifra assai ingente per l’epoca, oltre all’immediato sequestro del veicolo. Onde sottolineare la severità della norma, il 23 novembre venne diramata una circolare del Ministero dei Trasporti a tutti i corpi di polizia che precisava fossero assoggettate al divieto anche le automobili delle massime autorità, comprese quelle dei ministri e persino del Presidente della Repubblica Leone, che in quel fatidico 2 dicembre 1973, per dare il buon esempio, si recò alla Messa a piedi con tutta la famiglia.
Anche il Papa Paolo VI si recò l’8 dicembre successivo (giorno festivo) in piazza di Spagna per l’omaggio alla statua della Vergine, in un vecchio landò, tirato da uno scalpitante cavallo. A Messina, riferisce l’Avvenire del 4 dicembre 1973, fu visto, addirittura, un tizio circolare su un elefante. Indubbiamente il governo aveva un certo timore per l’accoglienza, da parte dei cittadini, di questo provvedimento per la natura coercitiva ed improvvisa.

Ritorno al passato
È da rilevare invece che il divieto fece assaporare la possibilità di una nuova dimensione di vita ed un nuovo e forse antico modo di spostarsi: i cittadini si sbizzarrirono, come riportavano i quotidiani dell’epoca, nella ricerca di mezzi di trasporto alternativi. Gli italiani vissero quella prima austerity con disciplina e senso di responsabilità e civismo, rispettando le disposizioni. Scarsissimi furono i furbi ed in numero limitato le contravvenzioni, solo 1317 in tutt’ Italia, mentre gli automobilisti più disciplinati furono quelli della provincia di Trieste che incorsero in sole 61 contravvenzioni. Le biciclette, il cui prezzo aumentò sensibilmente, ebbero il loro momento di massima gloria e sfilarono silenziose, padrone delle città, così come le carrozze ed i cavalli, tra quelle auto per un giorno tristemente immobili. A poco a poco, furono messi in campo alternativi mezzi di locomozione: dal triciclo del bisnonno a vari tandem, dai monopattini ai calessi a pedali, che popolarono l’asfalto cittadino. Gli italiani, cioè, in questo frangente non si rassegnarono all’immobilismo ma riuscirono a vedere quello che di positivo e concreto l’austerity portava con sé: una riduzione dell’inquinamento una volta alla settimana (non espressamente voluto), una città a misura d’uomo e un’opportunità di riappropriarsi del proprio ambiente, riscoprendo il piacere di camminare, senza il pericolo di una viabilità caotica, riscoprendo il pigolio dei passeri ed il sibilo del vento. Anche i matrimoni si adeguarono: infatti in ossequio alle restrizioni, a Bologna, così come a Genova, sfilò un corteo nuziale d’altri tempi: gli sposi seduti in carrozzella trainata da cavalli, con seguito di invitati cavalieri a bordo di destrieri.

Rimini da… fantascienza
Anche Rimini, al pari di altre città, visse quel giorno in maniera strana: Il Resto del Carlino di Rimini allora usò il termine “fantascienza”, per definire la nostra città in quella domenica. Dalle strade cittadine scomparvero, in un clima surreale, come per incanto, tutte le automobili. Un deserto. Poi, pian piano, prima timorosa, poi divertita dall’insolita situazione, la gente iniziò ad uscire dalle proprie abitazioni e si ritrovò nel vecchio corso del centro che sembrava essere tornato ai tempi dell’anteguerra, così come l’aveva dipinto Federico Fellini nel film Amarcord. Ed ancora uno struggente affollarsi di calessi, biciclette, cani in piazza Tre Martiri. Partite di calcio, tra ragazzi, improvvisate nel centro della città e, spettacolo ancor più magico, ecco materializzarsi anche una pattuglia a cavallo dei vigili urbani. Proprio loro, i tutori del traffico urbano, del nucleo motorizzato si presentarono in sella a due splendidi bai della scuderia Sabbatini di Sant’Aquilina: uno dei due era il famoso vigile eroico Trovanelli, l’altro era Luigi Corbelli. Questi due valenti cavalieri, lasciati in scuderia i loro rombanti cavalli d’acciaio, esplorarono la città, controllando che nessuno osasse uscire con l’auto e percorsero via Dario Campana, la Circonvallazione occidentale, il corso Garibaldi, il corso d’Agusto fino all’Arco, e poi al ritorno si fecero fotografare al Ponte di Tiberio in posa cesariana. In quella giornata furono solo due le contravvenzioni sollevate in Romagna, di cui una elevata dalla Polizia Stradale di Riccione a Savio di Ravenna, nei confronti di un cittadino iugoslavo che proveniente da San Marino, dichiarò di non essere a conoscenza del divieto.

Anche io… bloccato a Rivabella
Anch’io vissi questa domenica in modo diverso. Anziché recarmi, come al solito, in auto, dalla mia fidanzata, Paola Zangheri, ora mia moglie, che abitava a Rimini, partii dalla mia casa di Viserbella in bicicletta. Era senz’altro un’emozione in quanto avevo fin allora usato la due ruote solo per qualche piccolo giro, mentre mi si prospettava un tragitto di circa 7 Km. La giornata era molto fredda (in alcune zone d’Italia era nevicato), il termometro non superava i 4 gradi con un vento gelido, sferzante da Nord Est che tagliava la faccia, anche se un sole piuttosto vivo faceva pensare diversamente. In sella, quindi, ad una Graziella (quella per intenderci pieghevole, con piccole ruote) mi accinsi alla grande impresa tutto intabarrato. Via Palos, in quel pomeriggio, era deserta, a parte qualche autobus, qualche bicicletta ed alcuni destrieri guidati da eroici cavalieri. Arrivai a Viserba, quasi senza accorgermi (forse anche per la novità) ma uscito dal paese e verso Rivabella, ove per lungo tratto si è allo scoperto, il vento cominciò a fischiare impetuoso, mentre il freddo cominciava a disturbarmi. Accelerai, come potevo, con quella piccola bicicletta, ma arrivato alla salita verso il ponte di via Coletti non riuscivo più ad andare avanti. Scesi allora di sella e con la bici a mano superai il ponte, lasciandomi a destra la chiesa di San Giuliano Mare e mi lanciai lungo la discesa. Arrivai, non so come, al Ponte della Resistenza, girai a destra per via Madonna della Scala ed arrivai a casa della mia fidanzata che, un po’ preoccupata del mio ritardo (allora non c’era il telefonino), mi abbracciò come fossi un eroe. Nelle domeniche successive usai, oltre alle due ruote, anche l’autobus, ma già dall’aprile 1974 si reintegrò in parte l’uso dell’auto, anche se a targhe alterne: una domenica le pari, l’altra le dispari, anche perché il turismo era andato in forte sofferenza.
Le misure di restrizione del traffico privato furono abolite di fatto nel giugno 1974 e formalmente abrogate, con il nuovo codice della strada del 1992. E a poco a poco tutto tornò come prima.

Enrico Morolli