La polemica corre su due ruote

    Ciclista passa col rosso: via 6 punti alla patente. Su due ruote parlando al cellulare: 5 punti in meno, 4 se pedalate su un marciapiede non adibito a ciclabile. E poi in sella col giubbotto catarifrangente nelle strade urbane ed extraurbane: uno dei nuovi obblighi per gli amanti delle due ruote. Per gli inadempienti scattano multe fino a 150 euro.
    Le Disposizioni in materia di sicurezza pubblica approvate il 2 luglio dal Parlamento, voluto fortemente dalla Lega Nord, non riguardano soltanto i clandestini e le ronde. Nel Codice della strada, infatti, è stato inserito l’articolo 219 bis, in cui si prevede non solo la possibilità di decurtare i punti della patente di guida, ma anche di sospendere, ritirare e revocare il documento nel caso di infrazioni commesse in bicicletta.
    Norma sulla quale dissentono sia il Presidente Nazionale Fiab, Antonio Dalla Venezia, che annuncia i primi ricorsi per i multati, sia il Presidente dell’Associazione di Rimini, “Pedalando e Camminando”, aderente alla Fiab.
    “La bici non consuma, non produce emissioni, non ingombra, non fa rumore. È un mezzo ecologico per definizione e ad alta efficienza energetica. Migliora il traffico, la salute e l’umore. E allora perché penalizzarne l’uso?”.
    È l’accorato appello di Gianfranco Rossi, presidente dell’associazione riminese che da anni si batte per regolamentare il traffico cittadino e far rispettare i diritti di ciclisti e pedoni.
    “Condizionare l’applicazione della sanzione al possesso della patente è un ulteriore elemento di incomprensibile discriminazione. Risulta sfavorito, a fronte della stessa violazione, chi la possiede. Se due ciclisti commettono la stessa contravvenzione, solo al patentato si applica la decurtazione dei punti. Proseguendo su questa linea di ragionamento, il pedone che attraversa con il semaforo rosso, dovrebbe subire lo stesso trattamento, se in possesso di patente di guida. Questo viola un principio di eguaglianza”.
    Un’obiezione sollevata da più parti in questi mesi.
    “Stiamo sensibilizzando i nostri associati al rispetto delle regole della strada. Perché bisogna ammettere che noi ciclisti siamo molto indisciplinati. Spesso andiamo contro mano, soprattutto in città. Per questo siamo favorevoli alla modifica del Codice per il centro storico, per permettere con la legge di fare gli stessi percorsi dei pedoni, senza sanzioni. In certe strade non c’è pericolo, come da piazza Tre Martiri alla stazione ferroviaria”.
    La bicicletta però continua ad essere vista dal legislatore nazionale come un “veicolo ibrido”, secondo le convenienze: sugli incroci si impone spesso al ciclista di trasformarsi in pedone, altre volte di seguire il traffico veicolare a motore, in altri casi lo si induce ad inventarsi dei percorsi che non esistono, talvolta si pretende che utilizzi percorsi ciclabili oggettivamente inadatti e pericolosi, o lo si costringe di fatto a rifugiarsi sui marciapiedi per proteggere la propria incolumità.
    “Inoltre si spendono soldi inutili nella segnaletica che va posta comunque ad ogni interruzione di pista ciclabile” conferma il presidente di “Pedalando e Camminando”.
    Questo è di fatto il ciclista urbano, in Italia, mentre sarebbe utile che legge e buon senso procedessero insieme, sempre. In questo caso, pare proprio che abbiano deciso di seguire strade diverse.
    “A Rimini, solo via Dario Campana ha una pista fatta bene, col suo manto rosso – spiega Rossi – anche se viene in ogni caso interrotta la precedenza ad ogni incrocio, così si disincentiva il ciclista a percorrerla a favore della carreggiata, dove non ci sono interruzioni nello stesso senso di marcia. Con aumento di pericoli e lamentele. Da noi manca una vera cultura dell’andare in bici e il rispetto di qualunque regola”.
    Legge demagogica, irragionevole e ingiusta?
    Molti si domandano cos’è questa frenesia della sanzione, in un Paese che di regole non vuol saperne. Sarebbe ora di prendere atto che il Codice della strada già prevede, da sempre, obblighi e multe per i ciclisti. Solo che a qualcuno toccherebbe farle applicare. Per questo non sono necessarie nuove norme, né tantomeno pensare che queste siano auto-applicanti.

    Cinzia Sartini