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La pace in piazza

Piazza Cavour pare un campo fiorito di una multiforme, coloratissima speranza. Insolita in questo autunno sferzato dal vento. La pioggia, un temporale in piena regola, non impedisce a centinaia di persone di affollare il centro città. E quegli ombrelli aperti, uno accanto all’altro, sono già una risposta alla strategia del terrore e all’odio. Cattolici, musulmani, valdesi e protestanti: i rappresentanti delle religioni e delle varie confessioni si sono stretti in un abbraccio non solo ideale per alzare all’unisono il “no” alla guerra, alla violenza, alla persecuzione, e il “sì” forte e chiaro alla pace, al dialogo, all’accoglienza. Molti che si professano atei condividono: in piazza Cavour ci sono pure loro, stretti nei loro ombrelli.

Manifestazione, iniziativa, preghiera. Nomi diversi per un “evento” capace di illuminare il centro storico e più di qualche coscienza. “Insieme” per la pace contro il terrorismo è scesa in piazza sabato 21 novembre ma è nata qualche giorno prima nel cuore e nella mente del Vescovo di Rimini. Di fronte alle stragi di Parigi, mons. Francesco Lambiasi non poteva rimanere inerte. Prima ha invitato le comunità della diocesi a pregare per le vittime degli attentati jihadisti, poi ha invitato le altre confessioni cristiane e le comunità islamiche: insieme per un appello comune. Di ferma condanna per il massacro perpetrato e per ogni forma di violenza, di accorato appello alla pace e al dialogo. Le adesioni sono arrivate subito. Una dopo l’altra.
Alle 18.45 prende la parola il Vescovo di Rimini. È un saluto a tre punte, il suo. La prima è quella di papa Francesco, di cui riporta l’appello a “fare delle religioni ciò che esse sono e devono essere, cioè operatrici di bene, fattori di riconciliazione, di pace, di fraternità nel mondo d’oggi”. La seconda citazione è del Presidente Sergio Mattarella. La terza riporta le parole del giovane Sébastien, sopravvissuto al Bataclan.“Oggi capisco che ogni attimo che passo con le persone care, è un dono, una benedizione. Ho l’impressione di essere nato una seconda volta. E voglio essere capace di gustare questa nuova vita che mi è stata offerta”.

Citazioni che interpellano in prima persona le oltre cinquecento persone presenti. I volontari dell’associazione “Giovani Musulmani d’Italia” (sezione di Rimini) distribuiscono candele. Centinaia di luci accendono di speranza la piazza. La bimba marocchina ha in testa lo chador, nelle mani stringe un cartello: “Not in my name”, Non nel mio nome. Compaiono altri striscioni. “Uccidere un uomo è come uccidere l’umanità intera”, recita uno. “Non avrete fede finché non vi amerete l’un altro” gli fa eco un secondo. È il momento dell’Imam della moschea di Borgo Marina. Il suo intervento è una sciabolata. “Non sono qui per difendere l’Islam. Io sono qui per lanciare un messaggio di pace. – attacca Mourad Ayadi – Chi ha compiuto la strage di Parigi non può essere considerato un fedele, ma solo un terrorista, un delinquente”. Chi auspicava una parola forte da parte islamica, è servito. “Ci siamo guardati, avendo di fronte delle facce e non delle idee. – don Roberto Battaglia, sacerdote e assistente ecclesiastico della Fraternità di CL – Dopo i fatti di Parigi spesso penso ai volti e ai nomi dei ragazzi musulmani che partecipano ad alcune iniziative della mia parrocchia o ai giovani che incontro e con cui parlo nei corridoi della scuola. Nomi e volti precisi, la cui umanità grida un desiderio infinito in cui riconosco pure il mio bisogno. Da qui nasce quella familiarità nella quale ci sorprendiamo insieme in piazza”. La pioggia non diminuisce di intensità ma non impedisce al silenzio richiesto dai rappresentanti riuniti sotto il portico di Palazzo Garampi, di farsi strada per tre minuti, “illuminato” solo dalla luce delle candele accese.

Alcuni ragazzi cristiani e musulmani, a voce alterna, leggono un documento. È un gesto non solo simbolico. Una “Lettera aperta alla città” (il testo integrale sul sito www.ilponte.com e sulla pagina FB) sui temi della pace e della lotta al terrorismo e alla violenza. “Insieme gridiamo il nostro no ad ogni forma di cultura dello scarto e del rifiuto, ad ogni forma di persecuzione religiosa, e insieme cantiamo il nostro si al dialogo. Pertanto non dobbiamo cedere alla tentazione della paura e alla logica illogica dell’odio e della violenza. Così finiremmo per fare il gioco del fondamentalismo più crudele e disumano, rischiando di firmare la nostra sconfitta di uomini civili”. Forte e chiaro. Il Vescovo di Rimini, l’Imam Ayadi, la pastora valdese Giuseppina Bagnato sottoscrivono, uno dopo l’altro, la “Lettera Aperta” che diventa immediatamente un appello. Il Prefetto di Rimini, dott.ssa Giuseppina Strano, e il Sindaco di Rimini, Andrea Gnassi, lo ricevono in mano.
Sotto al portico, una ragazza impugna un cartello: a pennarello sono riportate dodici cifre. Sono i numeri delle vittime di altrettanti attentati recenti perpetrati in varie parti del mondo. Le parole pronunciate “Insieme” sono già una risposta a quei numeri che insieme “gridano” e invocano passi di speranza.

Paolo Guiducci