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“La mia Australia”

Andare via, cambiare aria, cercare delle nuove prospettive. La fuga dal Paese sta assumendo esiti sempre più drammatici. Un po’ come quando l’acqua sfonda la diga. Prima è una fessura, un rivolo, che acquista potenza, che spinge fino ad allargare la crepa e infine tutto il sistema cede e collassa mentre l’acqua lo travolge.
Come dare torto a chi va via? Sono svariati i paesi che offrono tantissime prospettive per chi ha una buona preparazione e tanta volontà. Ma come dare torto a chi rimane? Questo è il proprio Paese, ed è bello pensare di poter cambiare le cose e migliorarle nel luogo in cui si vive. Poi, però, basta uno sguardo al modo in cui viene amministrato lo stato per perdere gran parte delle speranze. E si guarda altrove. Ma non vicino, proprio dall’altra parte del mondo.

Viva l’Australia. Perché secondo il rapporto «Italiano in Australia 2013», il numero dei compaesani che sta abbandonando quest’angolo d’Europa per il nuovissimo mondo è sempre più alto. Secondo i dati raccolti, nel 2012-2013 gli arrivi dall’Italia hanno raggiunto quota 19.007 presenze, che è lo stesso livello migratorio toccato nel 1950-1951. Gli italiani partono come nei periodi più difficili della loro storia. E in molti casi le presenza si trasformano da temporanee a definitive. Il fascino dell’Australia? Quasi tutti hanno la stessa risposta: “L’Australia è l’Inghilterra senza pioggia”. Un cliché, certo, ma che come tutte le frasi fatte nasconde una verità, ed è quella di avere un paese in cui hanno preso piede la società e la cultura anglosassone, ma con un clima e ritmi di vita molto più pacifici. Come dare torto a chi si innamora di un paese che regala giornate di sole in continuità, un clima spettacolare, accompagnato dallo spirito lavorativo e dalla meritocrazia tipiche dei sudditi di sua maestà?

Per vie traverse, anche Giorgio Martelli, riminese, è arrivato a Perth, in Australia, ma prima, ha girato un bel po’ di mondo.
“Ho cominciato subito appena finita l’università. Anzi, già con l’università! Perché con un amico, invece di andare a Bologna, siamo andati a Trieste, a studiare Ingegneria navale. Appena finiti gli studi, nel 1988, ho iniziato a lavorare a Milano. All’inizio per una piccola società che poi è stata rilevata dalla Saipem, società del gruppo Eni. La Saipem fa costruzioni per olio e gas in giro per il mondo. Noi lo chiamiamo il braccio armato dell’Eni”.

È con la Saipem che Giorgio inizia a trasferirsi in altri paesi, e lo stesso fa ancora oggi. Ventitré anni dopo, l’Ingegner Martelli lavora ancora per la stessa società con cui ha cominciato.
“È difficile far capire questa cosa ai miei colleghi stranieri. Per gli anglosassoni cambiare compagnia è normale, e lo fanno spesso. Invece spesso noi italiani abbiamo questa mentalità, questa fedeltà al datore di lavoro. Io non mi lamento. Il mio lavoro mi piace. Sono responsabile per la Saipem di tutto il business in Asia e Australia. È un lavoro bello quanto stancante. Sono amministratore delegato di 5 società tra l’Australia e il sud est asiatico. Sono sempre in giro tra Cina, Indonesia, Australia e Italia, a controllare tutti i progetti in fase di esecuzione”.

Prima di arrivare in Australia, però, Giorgio ha girato parecchio.
“Appena uscito dall’Italia sono andato a Londra, per un paio di anni. Poi la seconda tappa è stata la Malesia, poi l’Indonesia, poi di nuovo Londra dove ho trovato la mia fidanzata diventata poi mia moglie, poi il Texas, Londra, terza volta, la Scozia, il Brasile e ora l’Australia! In media ogni 4, 5 anni cambio posto”.

Come si trova in Australia?
“Sono qui da un anno e mezzo. La vita è estremamente piacevole e anglosassone. A me piace molto, alla mia famiglia ancora di più: mia moglie è inglese, il mio primo figlio è nato in Texas e il secondo a Londra. Da quel punto di vista non posso lamentarmi: la mia famiglia vive i miei spostamenti eroicamente, con spirito di avventura. I miei figli sono piccoli, magari crescendo le cose potrebbero cambiare”.

Cosa le manca dell’Italia, e come vive da italiano all’estero?
“Dell’Italia mi manca la flessibilità mentale, la capacità di adattarsi e fare del meglio in qualsiasi momento. In certe culture c’è molta rigidità mentale, magari sono aperti e amichevoli, ma manca il dinamismo. Come vivo da italiano nel mondo? Quando dico che vengo dall’Italia mi chiedono se faccio il pizzaiolo o il parrucchiere. A parte questo però, non è male, perché gli italiani sono benvenuti ovunque”.

Stefano Rossini