Home Vita della chiesa La mediazione di Carlo Malatesta

La mediazione di Carlo Malatesta

Nel 1377 papa Gregorio IX, turbato dalle gravi minacce profetiche di Caterina da Siena e spinto dalle condizioni caotiche in cui si trovava la Stato della Chiesa, decide finalmente di far ritorno a Roma.

Lo “scisma
occidentale”
Ma nemmeno così la Chiesa ebbe pace. Morto nel 1378 Gregorio IX, il conclave che doveva eleggere il nuovo papa, e che era per i tre quarti formato da cardinali francesi (11 su 16), fu costretto a piegarsi alle intimidazioni della “piazza” romana ed elesse un papa italiano, nella persona del vescovo di Bari, che prese il nome di Urbano VI. Tre mesi più tardi, però, i cardinali fecero ritorno a Roma, dichiararono l’invalidità dell’elezione di Urbano VI ed elessero un altro papa francese, Clemente VII. Ebbe così inizio quello che viene chiamato “scisma di occidente”, che durò ben quarant’anni, perché i due papi istituirono le loro rispettive curie ed ebbero, alla loro morte, ciascuno i suoi successori, dando vita a due “serie” di pontefici: la “serie” romana e quella avignonese. Le conseguenze dello scisma furono disastrose, perché portarono l’intera cristianità – paesi, diocesi, parrocchie – a dividersi in due campi, che si combatterono a suon di scomuniche, aumentando il turbamento e lo smarrimento.
Il Concilio indetto a Pisa nel 1409 dai cardinali (contro la volontà dei papi) complicò, se possibile, la situazione, perché depose i due papi (che allora erano Gregorio XII romano e Benedetto XIII avignonese) e ne elesse un terzo, Alessandro V, che morì presto e fu sostituito da Giovanni XXIII. Poiché né Gregorio XII né Benedetto XIII si lasciarono deporre, si ebbero da quel momento tre papi. Finché il Concilio indetto a Costanza nel 1414 si persuase che l’unità poteva essere restituita solo se i tre papi fossero stati obbligati a rinunciare alla loro elezione: Giovanni XXIII fuggì e, a distanza, cercò con ogni mezzo possibile di impedire la prosecuzione dei lavori finché fu fatto prigioniero e processato da Sigismondo di Lussemburgo, Gregorio XII abdicò e Benedetto XIII nel 1417 fu processato e destituito. L’11 novembre finalmente venne salutata con gioia da tutto l’occidente l’elezione del cardinale Odo Colonna, che scelse il nome del santo del giorno e si chiamò Martino V.

L’illuminata azione
di Carlo Malatesta
La Chiesa di Rimini riuscì a sopportare senza gravi tensioni lo scisma, grazie alla coerente azione di Carlo Malatesta, succeduto nel 1385 al padre Galeotto I. A differenza di altri esponenti della sua famiglia, come il signore di Pesaro Malatesta “dei Sonetti”, egli non solo si mantenne lealmente fedele all’obbedienza romana, ma si adoperò in vario modo per comporre lo scisma: accolse e ospitò a Rimini Gregorio XII abbandonato da buona parte del suo collegio; sostenne le di lui ragioni a Pisa; lo convinse infine a rinunciare al pontificato per il bene della Chiesa e portò lui stesso a Colonia la rinuncia del pontefice.
Questa illuminata azione di mediazione gli conferì grande autorevolezza in tutta la Romagna e soprattutto nel mondo riminese, sia nei confronti dell’istituzione comunale, ridotta ormai alla sola funzione amministrativa, sia nei confronti del clero regolare e secolare, a cominciare dai vescovi, primo tra tutti il cugino Leale che, a interrompere le nomine di vescovi forestieri, fu vescovo di Rimini dal 1374 al 1400.

Leale Malatesta:
il Vescovo torna riminese
Al di là delle ragioni politiche che senza dubbio favorirono la sua scelta, Leale Malatesta si dimostrò un buon vescovo, presente in diocesi e preoccupato di riaffermare i principi di una ordinata gestione economica e di governo diocesano. A lui si deve il cosiddetto Decimario, che censisce tutte le chiese, i monasteri, gli ospedali, le pievi e gli altri luoghi pii della città e del contado per la riscossione delle decime vescovili. Aiutò l’ospedale di Santa Maria della Misericordia con la concessione di indulgenze e si impegnò a richiamare con energia i monaci al rispetto della disciplina. La generosità e insieme la umiltà dell’uomo sono sintetizzate nello splendido ostensorio d’argento donato alla cattedrale che lo ritrae, deposta la mitra e il pastorale, in ginocchio davanti a san Giorgio, protettore dei Malatesta.
Anche l’ultimo vescovo col quale Carlo si trovò a collaborare fu un riminese, Girolamo Leonardi, frate dell’ordine degli agostiniani, uomo di rinomata cultura teologica, diplomatico della cerchia dei Malatesta. Uno dei suoi primi atti di governo fu la riforma della Canonica di Santa Colomba, con l’approvazione delle nuove costituzioni, che fissavano il numero e l’età dei canonici, ne riducevano le prerogative e le entrate. Dato il suo prestigio di riformatore, ricevette in seguito dal papa l’incarico di riformare canoniche e case monastiche in decadenza materiale e spirituale.

Benevolenza verso
gli ordini mendicanti
Ma Carlo non fu soltanto un buon collaboratore di papi e vescovi, fu anche impegnato in prima persona in iniziative e attività di governo ispirate alla tradizione cristiana e ai valori della tolleranza e della pace, condividendo l’idea di un rinnovamento della Chiesa nel capo e nelle membra. Oltre che per la personale adesione al movimento penitenziale dei Bianchi, presente a Rimini dal 1399, si segnalò per la sistematica benevolenza verso gli Ordini mendicanti: promosse l’insediamento dei francescani a Santa Maria delle Grazie; concesse agli agostiniani il monastero di San Lorenzo a Monte e di San Gregorio in Conca, fondò santa Maria Annunziata in Scolca concedendola prima agli agostiniani di San Paolo di Ungheria e dal 1421 all’ordine benedettino riformato degli olivetani.
(10 – continua)

Cinzia Montevecchi