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La logica eucaristica della Misericordia

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“Le ombre si distendono, scende ormai la sera” in quel frammento di nudo, rovente deserto della Giudea. È dalle prime ore del mattino che attorno all’esile figura del rabbi Jeshù di Nazaret si accalca una folla di ben oltre cinquemila persone. Tutti incatenati dalla magia delle sue parole traboccanti di cielo. Tutti incantati dalla prodigiosa potenza delle sue mani che accarezzano malati e indemoniati. Ma via via che il sole comincia a declinare, il momento si annuncia sempre più critico, fino a diventare drammatico. I discepoli se ne fanno portavoce e interrompono bruscamente il maestro: “Mandali via perché vadano nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo, perché qui siamo in una zona deserta”. Ma per Gesù questo interesse non basta e sfida i suoi con voce grintosa: “Voi stessi date loro da mangiare”. Solo se l’interessamento dei discepoli si traduce in pieno coinvolgimento, si potrà parlare di vangelo.

La logica illogica del condividere
Gesù non vuole semplicemente sfamare la gente. Vuole compiere un “segno” che riveli come Dio vorrebbe il mondo. Secondo i discepoli la gente avrebbe dovuto comprarsi da mangiare. Per Gesù invece la logica del comprare va sostituita dalla logica illogica del condividere: questo significa che devono cambiare le relazioni fra me, te e gli altri, e fra noi, i beni e il denaro. Io sono responsabile dell’altro. I care. Non posso cavarmela facendo le spallucce: “Sono forse io il custode di mio fratello?” (Caino). Mi debbo invece fare suo prossimo.

Dall’“ognuno per sé” al “con-vivere”
E che razza di prossimo sono se mi disinteresso del suo bisogno? Le cose che possiedo – fossero pure solo cinque pani e due pesci – sono doni di Dio da condividere con gli altri, non da godermi senza o addirittura contro gli altri.
Lo schema del comprarsi da mangiare crea i fortunati e gli sfortunati: e così pochi hanno molto o addirittura troppo, mentre molti hanno poco o addirittura troppo poco. I discepoli, che chiedono a Gesù di congedare la folla perché possa andare a comprarsi il pane, devono passare dal vecchio codice – “ognuno per sé” – alla nuova prassi di Gesù: quella della convivialità, del con-vivere e con-dividere.
L’economia del possesso ammazza quella del dono. Noi possediamo veramente solo quello che doniamo.

Il “segno” della carità
Del resto, se anche i discepoli avessero loro stessi comperato il pane per la gente (“a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente”) avrebbero compiuto un gesto di bontà, una pura beneficenza. Ma la carità è molto più impegnativa della beneficenza: la prima coinvolge e crea un legame, la seconda si accontenta di un gesto occasionale. Gesù invece vuole lanciare un segno che introduca nei rapporti reciproci il lievito dirompente di un sistema rivoluzionario, in grado di rivelare il volto nuovo del Dio cantato da Maria, quello che “ricolma di beni gli affamati e rimanda i ricchi a mani vuote”.

Ospitare i senza-tetto
2. Ma ora fissiamo un particolare. Nella versione della moltiplicazione dei pani redatta dall’evangelista Luca si trova un dettaglio che merita di essere messo a fuoco con la lente d’ingrandimento. Quando i discepoli dicono a Gesù di congedare la folla, lo fanno non solo perché la gente possa procurasi il cibo, ma anche l’alloggio (Lc 9,12). Sfruttiamo questo assist interessante e, nel contesto del giubileo della Misericordia in corso, notiamo che la quarta opera di misericordia corporale – alloggiare i pellegrini – viene tradotta nel Catechismo della Chiesa Cattolica con ospitare i senza tetto (n. 2447).

A Rimini oltre 1300 senza casa
I senza tetto… Richiamiamo la drammatica litania di una situazione che continua vistosamente a peggiorare. Secondo dati forniti dal Comune, a Rimini, risultano 15mila appartamenti sfitti, mentre un numero sempre maggiore di persone è costretto a dormire in strada, nelle barche, sotto i ponti, nelle case abbandonate, in macchina o, nel migliore dei casi, alla Caritas e alla Capanna di Betlemme o in sistemazione di emergenza.  In base a una inchiesta della nostra Caritas, datata ottobre 2015, hanno dichiarato di essere prive di abitazione 1.340 persone su tutto il territorio diocesano; rappresentano il 23% degli italiani assistiti ed il 21% degli stranieri.

La situazione attuale
Inoltre è notevolmente aumentato il numero delle famiglie che hanno dichiarato di non riuscire a pagare il canone di affitto da mesi. Tra queste un centinaio hanno ricevuto l’ingiunzione di sfratto. Per quanto riguarda le locazioni, non è noto né il numero totale degli appartamenti affittati in nero per gli studenti, né quello per i turisti estivi; è però risaputo che il fenomeno esiste, e va registrando una continua escalation.

Qualche proposta, in positivo
In positivo, mi permetto di richiamare alcune proposte operative già indicate in un documento della Diocesi dell’ormai lontano 2008, in cui tra l’altro si chiedeva agli istituti di credito di concedere contributi a tasso agevolato per l’edilizia popolare. Si proponeva di incentivare progetti di abitazione anche per famiglie numerose e a prezzi accessibili. Di aumentare la dotazione di aree per le case sociali, come pure di agevolare fiscalmente chi affitta. E di  sostenere l’aggregazione di cooperative per la costruzione della prima casa.
<+testo_band>Recentemente va registrato il fenomeno delle comunità parrocchiali che hanno aderito al progetto ”parrocchia accogliente”, in risposta all’appello di papa Francesco. Sono al momento una dozzina: in alcune il progetto è già in fase di attuazione, in altre è allo studio. Ma, come Chiesa diocesana, possiamo e dobbiamo fare di più…

Occhi nuovi per vedere i fratelli
Ciò sarà possibile se faremo nostro il passaggio di una preghiera eucaristica: “Signore, donaci occhi per vedere le necessità e le sofferenze dei fratelli”. Abbiamo bisogno di occhi nuovi. I nostri sono troppo vecchi, fuori uso. Resi strabici dall’egoismo. Fatti miopi dal tornaconto. Assuefatti a scorrere troppo rapidamente i malinconici, interminabili elenchi delle nuove povertà. Sono i profughi in fuga dalle loro terre perché non vi trovano pane e libertà. Sono i pensionati con redditi bassissimi. Sono i giovani scippati di ogni speranza per il loro futuro. Sono le tribù di milioni di poveri privi dell’essenziale: la salute, la casa, il lavoro, il salario familiare, la partecipazione…   “Donaci occhi nuovi, Signore. Altrimenti il nostro giubileo non solo non ci farà ottenere alcuna indulgenza e non ci farà guadagnare alcuno sconto sui nostri peccati, ma aumenterà a dismisura il nostro debito nei confronti dei poveri. E perciò anche nei tuoi confronti”.

+ Francesco Lambiasi