La fantasia nel matterello

    “Niente dice più Romagna di questo pane nostro…”. Così Giovanni Pascoli inneggiava alla piada, regina della tradizione culinaria in Romagna. Che sia piada o piadina o meglio pieda e pida, la storia non cambia: da cibo della povera gente oggi è a tutti gli effetti il “pane” tipico sulle tavole dei riminesi e non solo, immancabile nei menù di ristoranti, trattorie e semplici chioschi. Artigianale, sfornata al momento, oppure nella variante più “industriale”, precotta, esposta anche sugli scaffali dei supermercati.
    La fantasia delle arzdore non ha limiti. L’amata “tonda” assume aspetti e sapori imprevisti: dal crescione (o cassone) fino alla piada fritta, dolce e avvolta in rotolini. Cambiano varietà, gusti e ingredienti ma per i palati più fini la “sua morte” sono sempre loro: i prodotti tipici.

    Sfida a colpi di matterello
    Da anni è stata avviata la procedura per il riconoscimento del marchio di Indicazione Geografica Protetta (IGP) del prodotto riminese e romagnolo. Il primo si identifica con un diametro dai 23 ai 30 cm e uno spessore da 1 a 3 mm, diversa dal secondo, più piccolo e spesso.
    Secondo i dati forniti dalla Confartigianato di Rimini, la produzione semi-industriale è un fenomeno sviluppatosi negli anni Novanta, che occupa per il 50% il territorio di Rimini e per un altro 50% la parte restante della Romagna, San Marino e confini. 20 le imprese attive in provincia, con, in media, un numero di addetti che vanno dalle 7 alle 30 persone. In alcuni casi anche di più. Circa 30 invece i produttori di piadina pre-confezionata e pre-cotta.
    Tra le maggiori aziende il territorio conta Emmegi a Rimini, attiva dagli anni ’80. “Produciamo circa 100mila piadine al giorno – afferma Andrea Mulazzani, uno dei soci – <>distribuendo perlopiù in Italia, Europa, e solo in due casi, per ora, negli Stati Uniti, senza troppo risentire della crisi”. Altra azienda del settore, A.d.p srl, con 30 dipendenti, ha casa invece a Riccione. In questo caso si sfornano, dicono da Confartigianato, circa 65.000 piadine medie giornaliere. Fra le più piccole si annoverano Riviera Piada, sempre nel capoluogo, nata nell’89, con 12 addetti e una produzione media giornaliera di 28.000 piadine, nota per un prodotto a basso contenuto di grassi. Da segnalare anche Piada&Piada, 15 addetti e 20.000 produzioni al giorno.
    Curiosa è invece la trovata di Riccione Piadina che con la 100% vegetale di Hello Kitty, dal packaging d’impatto, cattura l’attenzione delle piccole amanti della nota gattina del cartoon giapponese.

    In giro per chioschi e locali
    Piada protagonista anche nei chioschi che in provincia sono, sempre secondo Confartigianato, 70-80. Il Bar Ilde sul colle di Covignano, è uno dei luoghi simbolo: sul piatto la “signora” piada nelle sue varianti più tradizionali e non per questo meno apprezzate.
    Rinomato anche Dalla Lella, a Bellariva e in via Covignano che fornisce piadine e cassoni anche a pub e supermercati. Proprio il figlio della nota “piadinara” riminese, Massimiliano Nanni, 17 anni fa decise di elevare la bandiera romagnola anche sulla Grande Mela portandosi nella valigia Piadina, vino e cucina, il ristorante che sorge nel Greenwich Village al numero 57, fra la quinta e la sesta Avenue.
    Molto apprezzata, sul lungomare di Rimini, anche la Casina del Bosco, frequentata pure da numerosi turisti di passaggio. Luogo di ritrovo dei giovani nel weekend, da tarda notte fino al mattino, è Il Rotolino in piazza Malatesta. Per non parlare del locale fresco di inaugurazione Nud e Crud, un nuovo modo di fare cucina nel cuore di San Giuliano, che, a detta dei proprietari, punta su qualità e tradizione. “La farina – dice il titolare Sergio Gnassi – è quella ricavata dall’unico mulino ad acqua presente nella zona” con prodotti a “Km zero” e novità come pidburger, ibrido di pida e hamburger.

    Alba Mustafa