La crisi pesa troppi… carati

    Spuntano come funghi: le vetrine ammiccano con colori shocking, richiami illusori, scritte accattivanti. Il mercato dell’ultimo anno del Compro Oro riminese non solo ha aumentato i suoi punti vendita, ma anche i suoi clienti che pur di ritrovare una boccata di ossigeno dalla soffocante crisi, sono disposti perfino a vendere i loro preziosi di famiglia.
    Un fenomeno momentaneo? Secondo Maurizio Mussoni, docente di Economia all’Università di Bologna, Polo di Rimini, si tratta di un campanello d’allarme da non sottovalutare: “Nel primo livello di crisi la gente consuma di meno, nel secondo non è più in grado di risparmiare, nel terzo vende ciò che ha, ed è quello che sta succedendo”. Come a dire: si è toccato il fondo.
    Così, per i commercianti del settore questo diventa un momento “d’oro”: ma di questo vento a favore non ne parlano volentieri, anzi sono schivi. I più preferiscono non rilasciare dichiarazioni e si trincerano dietro i loro banconi in vetro antiproiettile, altri addirittura hanno reazioni aggressive.
    E intanto passa da loro il popolo della nuova povertà, quello che rinuncia ai ricordi del passato a causa di un presente avido. Sono per lo più adulti di una certa età, con qualche capello grigio in più e qualche soldo in meno: “Catenine, fedi, orecchini, maglie di orologi… arriva di tutto”, racconta il commesso del nuovo punto vendita “Compro Oro” in via Garibaldi, aperto solo da un anno. “Si paga in contanti secondo il valore dell’oro del giorno e che si tratti di oro puro o meno”. Poi si fonde – con rigorosi criteri di licenze e regole dello Stato per carità – ma tutto si fonde per raggiungere i mercati internazionali. Per i clienti è tutta una questione di pesi, di qualità dell’oro, “di solito quasi sempre 750”. Dunque, mancante di un quarto per massimizzare il guadagno. Si pesa, si valuta. “Ma attenzione al bilancino”, avverte il titolare del “Mercato Veneto” di Cattolica, “<+cors>È lì che si vede la serietà e l’onestà di un venditore<+testo_band>”. E aggiunge. “Il cliente dev’essere presente a tutta la prassi e deve rendersi conto con i suoi occhi”. Un calcolo che avviene, se c’è trasparenza, al centesimo del grammo, su quello si fa il prezzo. Certo, una consolazione passeggera per chi dopo qualche mese ritorna con nuovi averi da vendere: “Ormai abbiamo la nostra clientela, si è sparsa la voce e ritornano”, spiega il commesso del negozio di via Garibaldi. Una fidelizzazione del cliente a tutti gli effetti, che ha funzionato anche nel caso del franchising “Montedoro”, partito con un solo rivenditore due anni fa e oggi con tre punti vendita, escluso Santarcangelo. “Per noi il lavoro è aumentato, Rimini è una buona piazza e di gente ce n’è tanta”, spiega Simona, la titolare. E il business non è solo nel comune di Rimini ma anche, per l’appunto, in quelli limitrofi come Villa Verucchio, Santarcangelo, Novafeltria e Cattolica.
    Questo fenomeno, secondo il docente di Economia Mussoni può essere analizzato da due punti di vista, quello della domanda di oro e quello dell’offerta, “due dinamiche autonome ma strettamente correlate. La domanda è a livello internazionale: con la crisi la gente si affida ai beni rifugio, che restano l’oro e tutte le materie prime. Sono poi le stesse banche a volerlo perché è una certezza”. Mentre l’offerta ci dà un’immagine della crisi sociale: “La gente non ha liquidi, lo stipendio non ha più lo stesso valore e così è costretta a vendere i beni di famiglia e questo è un fatto gravissimo che ci dà la misura del momento storico che stiamo vivendo”. Insomma, questa lunga crisi assomiglia a un elastico teso tra il valore affettivo e quello di uno spiraglio di affitto coperto o di spesa per la settimana. E prima o poi questo elastico si spezza.

    Marzia Caserio