La Caritas “scarta” i pacchi Cee

    Darinka bussa: dalle “offerte” che riceve, dipende una famiglia di otto persone. Lei lo sa bene e la data della distribuzione delle derrate alimentari targate “aiuto Cee” è cerchiata in rosso nel suo personalissimo calendario. Il “menù” prevede pasta, latte a lunga conservazione, grana, formaggio da tavola, qualche volta si fa festa con confetture e zucchero. E gli alimenti deperibili, come il burro, da conservare in frigorifero.
    Come tante altre mamme di famiglia, Darinka ha rischiato di restare a mani vuote. Il prezioso servizio che da una quindicina di stagioni la sezione famminile della Croce Rossa svolgeva anche per le famiglie della provincia di Rimini, distribuendo gli aiuti alimentari della Agea, è saltato. Stop. Quel flusso di solidarietà alimentare si è interrotto, con il rischio di lasciare a bocca asciutta decine e decine di famiglie di Rimini e provincia. La Croce Rossa è commissariata a livello centrale, il riverbero è giunto fino in riviera e le difficoltà per garantire quel servizio complesso e dispendioso hanno finito per mettere ko una tradizione solidale. La notizia si è sparsa a macchia d’olio nel novembre scorso: Caritas parrocchiali (Miramare in primis) e Centri d’Ascolto preoccupati per la sorte di tanti bisognosi, hanno chiesto a destra e sinistra come rimettere in sesto la situazione.
    La sede del Comitato provinciale Cri quando riceve le derrate alimentari “non commerciabili le consegna ai comitati locali in base alla richiesta di questi ultimi. In soccorso di questa fetta di popolazione che vive al di sotto della soglia di povertà, è venuta la Caritas diocesana. Già operante per conto di una quindicina di realtà (comunità di Montetauro, parrocchia di Miramare, Casa del Clero, parrocchie di Coriano, Misano e le sei parrocchie di Riccione, Seminario diocesano e pensionato delle maestre Pie a Coriano), la Caritas che ha le carte in regola per “bussare” all’Agea, in fretta e furia ha inoltrato un supplemento di richiesta a Roma. Un sos per altre quindici realtà del territorio, che a loro volta distribuiscono cibo, dignità e solidarietà a mamme e bambini, nonni e padri di famiglia. “C’è una distribuzione fissa a famiglie bisognose – spiega il parroco di San Salvatore, don Tonelli – e una occasionale, per chi ha necessità saltuarie o mirate”.
    Sbaglia chi pensa che a tendere la mano siano soltanto stranieri. Un esempio lampante arriva da Riccione: nella Perla Verde, la Croce Rossa guidata dall’ispettrice Gabriella Cianini assisteva 52 famiglie povere, di cui solo un terzo extracomunitarie.
    Ora che la Croce Rossa ha chiuso con la fornitura alle famiglie bisognose dei prodotti aiuto Cee, conserva però la vocazione solidale: a Rimini, ad esempio, sostiene – su indicazione dell’Ausl – trenta famiglie, per un totale di oltre 150 pacchi distribuiti ogni mano tesa.
    La distribuzione dei pacchi “non commerciabili” è una pratica in voga dal 1994: da allora sono state migliaia e migliaia le famiglie che ogni mese hanno beneficiato di pasta e latte, forma e scatolame. “È stata una fatica enorme – assicura Cinzia Salvatori, allora ispettrice della sezione femminile – perché non c’era un magazzino atto al lavoro, ma abbiamo deciso di prendere comunque la palla al balzo perché il bisogno era impellente”. Per fortuna uomini di buona volontà sono venuti incontro alle esigenze della CRI e dei più poveri: c’è chi ha offerto l’utilizzo del magazzino per un periodo, chi lo spazio per un altro tempo, chi l’uso gratuito del muletto per caricare le derrate alimentari che puntuali arrivavano una volta a settimana.
    Sono passati gli anni, i bisogni sono aumentati e con essi le richieste di aiuto alimentare. I pacchi Cee sono cresciuti e con essi il lavoro della Croce Rossa e le difficoltà nel gestire una macchina complessa. Una volta a settimana infatti il camion partito da Roma consegna le derrate alimentari: è un’ora x senza deroghe. E ogni volta la sede della Cri provinciale è messa sotto sopra: per far spazio ai viveri, occorre portare fuori dal garage le ambulanze, bloccando il traffico tra le maledizioni degli automobilisti riminesi e con il rischio di rovinare i mezzi della CRI.
    Quello del magazzino è un problema anche per la Caritas. Attualmente i quattro volontari che si occupano del servizio piantano le loro tende a Spadarolo, ospitati in un locale della parrocchia. Qui arrivano i camion delle derrate Agea, veicoli enormi che necessitano di spazio per manovrare e scaricare. “Anche il magazzino abbisogna di grandi spazi” assicura la professoressa Luigia Migliorati. La “prof”, figura storica della Caritas, si occupa dell’amministrazione: timbra, firma e controlla tutti i registri che poi passa alle parrocchie e agli enti interessati. Nel 2008 da Roma è arrivata un’ispezione per alcune realtà tra cui Caritas, parrocchie di Misano e Riccione, e Seminario. Quattro giorni nei quali l’ispettore ha (giustamente) ficcato il naso tra le scartoffie della Migliorati e i magazzini. Risultato: la gestione Caritas promossa in toto. “Bisogna sempre sperare che non piova, quando c’è lo scarico della merce”. Le derrate provenienti da Roma sono scaricate, immagazzinate e ripartite secondo le richieste che giungono dalle parrocchie, pezzatura dopo pezzatura. Un lavoro duro e meticoloso, reso ancora più complicato dalla mancanza di spazi adeguati. La Migliorati va al sodo: “se qualcuno all’ascolto avesse un ambiente idoneo, magari al pianoterra, da mettere a disposizione per questa solidarietà alimentare nei confronti dei meno abbienti, gliene saremmo grati”. Intanto è iniziato il count-down: il primo arrivo di derrate alimentari targate “aiuto Cee” è atteso tra aprile e maggio. Ed entro settembre la Caritas attende tre aiuti: ci sono trenta parrocchie che aspettano, centinaia di famiglie hanno la tavola sguarnita, troppo sguarnita.

    Paolo Guiducci