Home Cultura L’artificio dell’eternità: nel mondo delle icone

L’artificio dell’eternità: nel mondo delle icone

Il pittore delle icone come medium tra sacro e mondano. Lectio magistralis sull’iconografia dell’arte sacra e cristiana, quella tenuta John Lindsay Opie e da Rosita Copioli durante il quarto appuntamento de “I Maestri e il Tempo”, la rassegna organizzata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini. La poetessa, scrittrice e saggista di Riccione (nella foto con Opie a Palazzo Buonadrata) introduce il massimo esperto dell’iconografia russa, soffermandosi sui passaggi fondamentali della vita dello studioso e concentrandosi maggiormente sul tema fondamentale di questo incontro: gli scritti sull’arte sacra e bizantina del professore, che hanno portato alla nascita, lo scorso anno, dell’antologia Nel mondo delle icone. Dall’India a Bisanzio, a cura dello stesso Alessandro Giovanardi, il curatore della rassegna.
John Lindsay Opie, di origini anglo-scozzesi ma nato negli Stati Uniti, è primo titolare della cattedra di Arte bizantina presso l’Università RomaTre. Per la Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini ha curato nel 2008 la mostra Lo Specchio del Mistero. L’icona russa tra XVIII e XX secolo, allestita a Castel Sismondo.

La Copioli individua tra i passaggi fondamentali della vita di questo grande studioso gli incontri a Firenze nel 1949 con Bernard Berenson e Roberto Longhi e quello con Erwin Panofsky a Bruxelles. Ma è soprattutto l’amicizia con Elémire Zolla e la compagna Cristina Campo, a Roma, a influenzare la vita dello studioso. “L’amicizia con Zolla si radica sul comune terreno della mistica e della storia delle religioni comparate che in Italia è poco frequentata, mentre nella cultura inglese e francese conta un ben più antico rapporto con l’Oriente, anche a causa delle colonie” afferma la Copioli.
Zolla coinvolge Lindsay Opie nella rivista Conoscenza religiosa, dove la Campo collabora assiduamente. Quando Zolla introduce in Italia l’opera del filosofo e mistico russo Pavel Aleksandroviu010D Florenskij con la traduzione dell’opera Le porte regali. Saggio sull’icona (1977), riconosce che l’amico Lindsay Opie l’ha preceduto nella versione inglese commentata, l’anno precedente. “Entrambi hanno così ulteriore conoscenza dell’inscindibile esperienza artistica e religiosa dell’icona. Per essa l’artista viene chiamato a partecipare del mondus imaginalis, luogo dove ciò che è spirituale acquista uno spessore e ciò che è materiale si spiritualizza”.
L’amicizia con Cristina Campo segna un passaggio importante della vita dello storico. Nell’ultima parte bellicosa della vita della scrittrice contro il Concilio Vaticano II, aperto nel 1962, che lei avverte come la maggiore sciagura perché distruttivo del senso delle tradizioni, queste riflessioni portano lo studioso a convertirsi nel 1969 dall’anglicanesimo alla Chiesa ortodossa. Con la poetessa italiana, egli condivide la segretezza di esperienze religiose importanti, destinate solo a qualche accenno nelle lettere della scrittrice. A cura di Lindsay Opie è la scelta iconografica per la prima edizione de I racconti del pellegrino russo, curata e introdotta dalla Campo nel 1973.
“Con l’icona l’uomo è chiamato a collaborare al processo della creazione divina, dalla tenebra alla luce. Attraverso l’incarnazione voluta da Dio Padre in Cristo Figlio, forma e realizzazione operata dalla attualizzazione dello Spirito Santo. (…) L’iconografia non è un’arte che inventa, ma un’arte che trasmette con aderenza fedele alla tradizione, non solo nei soggetti ma nel loro mezzo, un’arte non profana ma sacra che avviene all’interno del mondo immaginale. Il pittore di icone sta sulla soglia tra sacro e mondano, si fa medium del mondo dello spirito”.
John Lindsay Opie, attraverso la lettura di Alessandro Giovanardi, esplica la raffigurazione del mandylion, cioè il fazzoletto su cui era impressa l’immagine del volto di Gesù, scomparso dopo l’invasione dei cristiani veneziani a Costantinopoli durante la Quarta Crociata. Nell’interpretazione russa del mandylion, noto come “Cristo dalla barba bagnata”, Lindsay Opie sostiene che “il volto del logos, isolato dal corpo, ha forma perfettamente ovale ed è come sospeso sulla superficie aurea del fondo. I tratti del volto indicherebbero i primi stadi della cosmogonia insieme alla disposizione originaria dei corpi celesti. Si scorgono due punti originali, il seme della bocca e il frutto della pupilla. Il primo è quello iniziale perché il seme precede il frutto come il Padre precede il Figlio, come la parola genera il mondo, prima del Cristo la rivelazione è esclusivamente verbale”.
Opie conclude parlando delle icone. “La luce dell’icona non è la luce del sole, ma è la luce della Chiesa, il profumo della Chiesa. Il pittore di icone quindi deve lasciarsi trasportare dalla totale ispirazione che gli viene dalla sua spiritualità”.

Laura Pilloni