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Io vado a votare

Magari sarà più facile trovare le motivazioni nei Comuni, che domenica 25 maggio sono chiamati al voto: una buona amministrazione fa la differenza e in tempi di risorse decrescenti non si può davvero delegare a nessuno la scelta dei propri più diretti rappresentanti. Eppure, anche a Rimini in cui i cittadini voteranno solo per il Parlamento europeo, votare si deve, nonostante tutto.
Votare si deve nonostante l’Unione europea faccia fatica e facciano fatica i cittadini a riconoscersi nelle dodici stelle gialle in cerchio in campo blu, perchè ormai non ne possono fare a meno. Così come dell’euro. Siamo tutti connessi e interdipendenti. Anche se ci sentiamo sempre più lontani. L’Unione è una realtà, che ha fatto del suo profilo, idealmente alto ma purtroppo ancora politicamente modesto, la propria identità; salvo scoprire, dopo una serie di allargamenti che ora arrivano a 28, come questa contraddizione generi problemi inediti, che questa tornata elettorale sembra amplificare.
Votare dunque si deve, proprio per accompagnare questo processo di adeguamento dell’idea al fatto, a livello di istituzioni dell’Unione. È un processo lungo, ma necessario.
Votare si deve nonostante il clima di crisi della politica e della partecipazione, con il proporzionale sviluppo della protesta, che percorre tutti i 28 elettorati dell’Unione.
Ci sono cinque candidati per la guida della Commissione, espressione delle cinque famiglie politiche “ufficiali”: popolari, socialisti, liberal-democratici, verdi e sinistra. I partiti e i movimenti euroscettici tradizionali non si sono curati di presentare alcun candidato, così come i nuovi movimenti, non collegati a livello europeo, ma ciascuno espressione di singoli, diversi malesseri nei 28 Stati dell’Unione. Anche questo significa pure qualcosa.
Votare dunque si deve, nonostante tutto, anche per scegliere l’indirizzo politico. Con il Trattato di Lisbona, il Parlamento Europeo ha nuovi poteri e ciò mette in evidenza l’importanza del voto per il futuro profilo politico dell’Esecutivo. Il Parlamento europeo era considerato un’entità forse simpatica, ma comunque irrilevante. Paradossalmente, la partecipazione dei cittadini è diminuita nel corso degli ultimi 35 anni nella misura in cui è cresciuta l’importanza dello stesso Europarlamento nel processo decisionale comunitario.
I cattolici, come ribadito in un bel documento dell’episcopato europeo dello scorso mese di marzo, sono chiamati ad impegnarsi, prima di tutto con la partecipazione. È lo faranno.