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Io non me ne frego

Qualcuno potrebbe pensare che la sfida educativa riguardi i ragazzini che fanno chiasso di notte sotto casa o che procurano danni a scuola appena il prof gira le spalle.
Ma non è così, perché oggi i primi ad essere interpellati sono proprio gli adulti e il mondo che propongono alle nuove generazioni, cominciando dai ministri che risolvono il problema migranti con un “fora dai ball”, con le star della politica che si confrontano ogni giorno in tv a forza di insulti e parolacce, con la proposizione di personaggi come il signor Corona al livello di maitre à penser o della signorina Ruby come un modello di furbizia, che ben s’intona all’ambiente da lei frequentato recentemente.
Un mondo di adulti che giustifica tutto: parole, egoismi, basso ventre. Lo fa per ideologia, lo fa per interesse, lo fa per paura di dover cambiare o mettersi in discussione.
Una rappresentazione fasulla dell’esistenza con il tentativo di porre in primo piano il successo basato sull’immagine, la scalata furba, il guadagno facile, l’ostentazione e anche il mercimonio di sé.
Dove ci può portare un simile progetto educativo che i mass media hanno sposato e che fa scuola ad adulti ed infanti ogni giorno da mattino a notte fonda?
Di fronte a questo disastro antropologico, la sfida educativa è una chiamata, anzitutto per noi cristiani, a reagire, aprire gli occhi, sciogliere il nodo della lingua e proporre quella che il Papa stesso chiama “cultura alternativa”, frutto di coerenza di vita e di coinvolgimento personale.
In gioco c’è un diverso rapporto con Dio, con la natura (nel rispetto del creato), con le cose (non più viste come merci ma come beni), con le persone (riscoprire nell’altro, soprattutto nel più povero, il volto di Dio), con la mondialità (l’altro non più come minaccia, ma come dono).
E così passeremo dall’indifferenza alla responsabilità, dal menefreghismo alla solidarietà, dalla chiusura al coinvolgimento.
Di queste cose la Chiesa riminese ha iniziato a discutere nel convegno voluto dal Vescovo che inaugura per tutta la nostra comunità diocesana il decennio “Educare alla vita buona del vangelo”. Non è certo solo questione nostra, ma almeno cominciamo noi.

Giovanni Tonelli