“Io faccio il salto, voglio una vita normale”

    Terremoto dentro. Tiziana è così fragile che il terremoto quasi se l’è portata via:“Le scosse erano così tante continue e forti…” racconta con voce tremolante. La incontriamo a Viserba, ospite di “Esportiamoci” (29 agosto-3 settembre), la rassegna che da dieci anni si svolge in quel di Marinagrande. La salute mentale abbinata al dolore della gente d’Abruzzo è uno dei tanti temi di quest’anno. In una piacevole serata di fine agosto è stato bello ascoltare che gli utenti del Centro di salute mentale di Imola sono andati all’Aquila insieme ai loro operatori e agli studenti a portare sollievo a chi ha perso tutto.
    E hanno saputo dare davvero. Perché loro quando si impegnano lo fanno con autenticità.
    È solo una delle tante storie ascoltate in una settimana portata qui dall’Anpis (Associazione Nazionale Polisportive per l’integrazione sociale), patrocinata dalle amministrazioni locali riminesi, con il supporto dell’Ausl riminese. Insieme allo sport e alle serate a tema, il tutto con la finalità di migliorare l’integrazione delle persone con disabilità mentale, vi sono stati eventi meno visibili, più personali. Piccoli incontri tra persone diverse, dove scorgere il confine è cosa difficile. Qui operatori, pazienti, responsabili, giornalisti, turisti, operatori della spiaggia si son svestiti ciascuno del proprio ruolo per guardare un po’ più in là.
    Allora ti capita di trovarti davanti ad amici speciali, a volte con un tic nervoso, altre volte con difficoltà nel parlare a volte con un malessere senza “perché”. Ma se trovano un varco, una mano tesa, allora si aprono e vanno a mille e quasi non li fermi più.
    Come Salvatore, trentunenne bolognese, che racconta la sua rinascita. Aveva una borsa lavoro e l’invalidità ma ha detto basta a tutto perché ha trovato un lavoro vero, come gli altri, e ha detto: “Io faccio il salto, voglio una vita normale, io tra due anni voglio mettere su famiglia”.
    Leonora di anni ne ha 43 ed è segretaria in un club di Ferrara. Occhi fermi come il mare quando è posato, senza onde, né increspature, né colori diversi. “Io ritorno in albergo” dice dopo poco e quasi ti rattristi per non averlo saputo scalfire quel muro, ma poi la immagini che fa collanine e si impegna con la sua ginnastica e pensi che in fondo anche lei l’ha trovata una chiave, un suo modo per partecipare alla vita.
    Quanta lotta si scorge nei gesti e nelle espressioni di chi non sa dove l’anima sia andata. Nelle loro parole, però, ricorre sempre questa volontà di farcela.
    Floriana indossa una maglia viola. Come tutti gli altri della sua squadra. Si preparano per il torneo di beach volley. Vengono da Roma e fanno tanto sport. Ne fanno quattro al giorno, di partite di pallavolo, sotto al sole. Che sono una squadra lo si vede subito. E non solo per le magliette tutte uguali. Floriana ha trentatrè anni, le piacerebbe fare la commessa, per ora ha appena finito un tirocinio e si gode lo sport. Anche lei parla di impegno da mettere in tutte le cose della vita.
    Andrea è un operatore, viene da Ferrara. Ti racconta di tutto, dell’Abruzzo, dei ragazzi, chiede: “Come è andata l’intervista?”. Si capisce subito che per lui fare l’operatore non è solo un lavoro. Come Fernando Monte, il referente e promotore riminese dell’iniziativa. Durante la settimana di Esportiamoci vive praticamente in spiaggia. Muove fili, fotografa, relaziona, annuncia, presenta, sorride, distribuisce magliette e sorride: la passione di chi crede a un progetto.
    Un progetto che va annunciato perché l’informazione è tutto. Egidio lo dice chiaro: “Parlate di noi, dei familiari, dei pazienti, dei soci, di quello che facciamo, ditelo che ci sono le associazioni e i centri per fare sport e gli incontri. Perché c’è ancora chi sta tra quattro mura, chi è solo col suo disagio. E qualche volta poi il disagio esplode e compare sui giornali ed allora è troppo tardi”.
    C’è poi un’altra faccia della medaglia: i familiari.
    Franca è un fiume in piena. Suo figlio, Andrea, ha fatto scoprire tanto a lei e suo marito. Lui non ci voleva andare in queste associazioni. Ma sua moglie è divenuta presidente dei Diavoli rossi, polisportiva di Bologna che ha a cuore il recupero delle persone con disturbi psichici, e allora come dire no, come voltare le spalle a tanto dinamismo, a tanta voglia di uscire fuori con ogni mezzo, scrivendo su riviste locali, andando nelle scuole, perché come dice Franca: “Occorre far conoscere ai ragazzi, fin da piccoli, che il diverso non fa male, che il malato di mente non è un pericolo da cui ti devi difendere, anzi ne può uscire anche qualcosa di buono”.
    Qui a Marinagrande chi da sempre frequenta la spiaggia o chi vi lavora guarda il tutto incuriosito.
    Come i bagnini mentre portano i lettini ai clienti, e Giorgio che, insieme a Simona, fa tanto ogni volta. È uno dei soci di Marinagrande e batte un cinque a uno, una pacca sulla spalla all’altro, una parola gentile sempre per tutti. E la gioia nel dimostrare che si può convivere. Che nella sua spiaggia bellissima, dove durante l’estate viserbesi e turisti si abbronzano sotto al sole, puoi anche far abitare le due cose. Si può finire una giornata di mare con una riunione dell’Anpis ascoltando le persone che parlano dei loro problemi. C’e tanto da imparare qui. Mentre in alto si decidono manovre e manovrine, una sforbiciata qui una là, qui si lavora per il benessere delle persone, dei pazienti, che sono i primi a mettercela tutta.
    “Il malato di mente non riesce a trovare se stesso. Occorre solo ricostruire il suo linguaggio perché recuperi la normalità” ha detto l’editore Gianmario Lucini durante la serata di lettura poesie. Nella stessa occasione incontriamo Stefano, scrittore cesenate, che con le sue poesie, dedicate al fratello Andrea, disabile, tratte dal libro Luce instancabile, ha commosso un po’ tutti. “Ho imparato che insieme al dolore, situazioni come quella in cui vivo, possono dare gioia, come quando mio fratello a Natale mi regala cornici fatte da lui. È più vecchio di me, ha 44 anni ma me le regala con la felicità di un bambino”.
    Beatrice frequenta la spiaggia ed è sempre impegnata a fare fitness. Decisamente carina e probabilmente molto lontana da questo mondo. Mentre prende il sole sotto l’ombrellone si interroga su che lavoro potrebbero fare, e guardandoli osserva che sono molto “diligenti” che ascoltano i loro operatori e non danno alcun fastidio. È incuriosita da quel che stiamo facendo con tutti questi quaderni ed opuscoli in mano. Quando le spieghi le si illumina qualcosa dentro. C’è tutto un mondo che ha bisogno di incontrarsi. Si può posare una mano e aiutare qualcuno ad alleggerirsi un po’. A mettere intervalli tra una scossa di terremoto e l’altra. Capita che gli intervalli, poi, durino per sempre. Che le scosse quasi non si sentano più. Allora è una vittoria per tutti. Anche solo aver messo una goccia è stato importante.

    Silvia Ambrosini