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Salvatore Settis. La cultura sia una sfida viva

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Al Museo L. Tonini, continuano i festeggiamenti per i venticinque anni da quando è stata aperta la prima ala del Museo. Salvatore Settis, archeologo e storico dell’arte, e il riminese Stefano Pivato, storico e già rettore dell’Università di Urbino “Carlo Bo”, dialogano su Arte e Bellezza, a partire dalle recenti pubblicazioni dell’ex direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa: Se Venezia muore (Einaudi) e Il mondo salverà la bellezza? Responsabilità, anima, cittadinanza (Ponte alle Grazie). Al termine dell’incontro, abbiamo colto l’occasione per dialogare con Salvatore Settis sulla città di Rimini.

Che cosa pensa dell’Art bonus? Che cosa può rappresentare per una città come Rimini?
“L’Art Bonus è solo un primo passo verso un’Italia che ancora non c’è: un’Italia in cui i cittadini possano collaborare alla cultura ricevendone in cambio benefici fiscali visibili. È quanto accade in Paesi più fortunati, dagli Stati Uniti alla Francia. In Italia la gigantesca evasione fiscale rende improbabile i benefici fiscali che potrebbero generare un flusso massiccio di donazioni. Bisogna lo stesso rallegrarsi di questo primo, timido passo che è l’Art Bonus. Ma solo se si avrà il coraggio di affrontare il nodo dell’evasione fiscale potranno esservi benefici sostanziali, a Rimini come a Roma o a Milano”.
Come può Rimini aspirare a diventare una città meta di turismo non solo balneare, ma anche culturale?
“A Rimini come altrove, il punto essenziale è concepire la cultura non come un «giacimento di petrolio», passivo e morto, ma come una sfida viva e operante: come la capacità di riflettere e far riflettere. Una formidabile «macchina per pensare» come il Tempio Malatestiano basterebbe per generare intorno a Rimini tutta una forte immaginazione culturale”.
Richiamandosi all’art. 9 della Costituzione italiana, durante l’incontro presso il Museo della Città di Rimini, ha fatto notare che tutela del paesaggio e del patrimonio artistico-culturale sono un’unica cosa. A tal proposito, come può Rimini valorizzare sia il suo patrimonio paesaggistico che quello culturale?
“Prima di tutto concependo l’uno e l’altro come un tutto unico e comprendendo che salvaguardare quel che resta della città storica e quel che resta del paesaggio circostante è un compito primario di chi governa la città. Se Rimini saprà evitare le ricette facili, la retorica populista del «mostrarsi», e saprà invece puntare sull’essere, e cioè sulle competenze dei migliori (in particolare dei giovani), sull’immaginazione culturale, sulla capacità di pensare e di far pensare, allora l’art. 9 della Costituzione vi troverà davvero attuazione”.

All’interno del masterplan strategico che prevede la riorganizzazione e la riqualificazione di tutta l’area del Borgo di San Giuliano, rientra anche la pedonalizzazione del Ponte di Tiberio. Alcuni storici ritengono che in questo modo, il ponte diventi un monumento morto. Lei cosa ne pensa?
“Non conosco Rimini abbastanza, nella sua vita quotidiana, da dare una risposta articolata: ma non mi convince l’idea che sia vivo solo chi va in automobile, e che i pedoni siano degli zombie. La pedonalizzazione dei centri storici e delle aree monumentali è un movimento positivo, se si accompagna a una gestione accurata degli spazi. Se, tanto per intenderci, non succede (come spesso è successo in Italia) che un’area pedonalizzata si trasforma in pochi anni in una specie di suk”.
Il museo della città di Rimini ha registrato un trend di presenze positivo e sempre in crescita, soprattutto da quando si è arricchito dei reperti della Domus del Chirurgo. Come può essere valorizzato il patrimonio museale di Ariminum?
“Quel che si è fatto per la casa del Chirurgo secondo me è molto positivo. Bisogna da qui partire per creare maggior consapevolezza della struttura urbana della città romana antica, del suo legarsi alla campagna circostante, della ripartizione dei terreni, della centuriazione, del sistema stradale etc. Lo si può fare in parte con reperti, in parte con programmi informatici interattivi che attraggono sempre curiosità e attenzione”.

Il Teatro Galli faticosamente sta ritornando alla luce. Come giudicare oggi, ancora nel mezzo della crisi economica, questa rinascita?
“Intanto, a causa delle scoperte archeologiche sotto il teatro, rappresenta un’altra occasione di percepire e render visibile la continuità tra varie fasi storiche, dalla Rimini romana all’età paleocristiana al presente. Ma un teatro deve essere considerato snodo essenziale nella vita civile di una città: non bisogna temere di progettare programmi di altissimo livello culturale, Rimini li merita e spero che una buona programmazione vi attragga molto pubblico anche da fuori”.

Sara Castellani