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In questi Intermezzi c’è una storia

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Quei manoscritti settecenteschi avevano fatto divertire per circa tre secoli. Poi agli inizii del Novecento erano scomparsi. Spariti. Portati via dalla Biblioteca comunale di Verucchio, probabilmente per proteggerli dalle razzie causate dal passaggio del fronte nel territorio riminese: la guerra, tuttavia, contribuì a far dimenticare l’esistenza di questi testi. Oggi, parte di essi sono stati fortunosamente ritrovati e alcuni autori locali hanno iniziato, a partire dai primi anni 2000, a ricostruirne la storia critica e quella della loro fortuna teatrale. Ed ora quei testi ritornano alla ribalta grazie ad un lunga laboriosa ricerca (iniziata sedici anni fa) confluita in un libro, una rappresentazione teatrale e un convegno. In occasione della riapparizione dei suoi Intermezzi, Verucchio ha fatto le cose in grande ospitando un vera e propria manifestazione culturale: questi testi inediti, finora sconosciuti, intermezzi semidialettali in italiano e dialetto romagnolo, redatti a partire dal XVII secolo (ma secondo qualche studioso persino antecedenti) e rappresentati nel corso dei successivi decenni nei teatri della Romagna, lo meritano. Se ne conservava una copia manoscritta presso l’antica Biblioteca comunale di Verucchio, così come risulta da una delibera del Consiglio Comunale dell’ottobre 1876, prezioso il contributo della famiglia Pecci che ha conservato il volume.
Si deve agli studiosi Lisetta Bernardi (bibliotecaria alla Don Milani di Villa Verucchio), Ennio Grassi e Domenico Pazzini la riscoperta dei tredici inediti intermezzi verucchiesi (manoscritti settecenteschi attribuiti ai Cupers, e due di Carlo Andrea Celli), la loro trascrizione e traduzione, completa di apparato critico e lo studio comparato scaturito da anni di consultazione degli archivi pubblici e privati locali. Giuseppe Nanni, maestro, letterato ed educatore verucchiese “pubblicò – nel 1922 e nel 1924 – sulla rivista «La Pie» due articoli sugli Intermezzi, segno che stava lavorando su quei testi, canovacci trasformati e messi in scena insieme a Nanni” spiega la Bernardi. Per la traduzione in lingua italiana dei primi quattro intermezzi verucchiesi e dei tre cesenati, i curatori si sono avvalsi della collaborazione di Vincenzo Sanchini, poeta, saggista e studioso di dialetto. “I testi sono essenzialmente scevri di errori grammaticali – assicura Sanchini, che ha dovuto procedere armato di lenti d’ingrandimento per ricostruire parole e frasi – Alcuni termini, vergati con una calligrafia veloce, mancano però di alcune lettere”.“Si tratta di materiali che non hanno riscontro altrove – assicura Grassi – Di un Intermezzo, poi, esiste una versione scritta in cesenate, segno di opere dal carattere localistico ma non circoscritte alla sola Verucchio”.

Questi Intermezzi erano commedie di carattere comico, utilizzate come interludi di lunghi spettacoli (cinque ore di durata), e tutte giocate su doppi sensi e sugli equivoci frutto della frizione tra italiano e dialetto. Tutt’altro che testi sciocchi o occasionali, bensì opere erudite, con frequenti riferimenti alla mitologia.Questi intermezzi rappresentano anche una sorta di anello mancante nella produzione dialettale romagnola tra il poema del XVI sec. Pulon Matt e i testi di fine Ottocento.

Il volume Intermezzi semidialettali verucchiesi del Settecento di G. B. Cupers è il primo volume di una collana (edita da Pazzini di Verucchio). Il Comune di Verucchio ha ottenuto un finanziamento di 7.000 euro (pari al 70% del valore complessivo di 10.000) dalla Regione Emilia-Romagna nel progetto di valorizzazione dei testi e del dialetto locale. Tra le azioni di divulgazione dei preziosi testi dialettali, Verucchio ha inserito anche la promozione delle antiche commedie all’interno della scuola secondaria. E il testo di Cupers è diventato la commedia dialettale Il trionfo della Pazzia, per la regia di Marco Pier Giulio Magnani.
Il primo volume edito contiene quattro intermezzi (dei sette ritrovati nel manoscritto). Mancano all’appello comunque altri due volumi di intermezzi verucchiesi.

Paolo Guiducci