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Insieme per battere la ’ndrangheta

Un’alleanza contro la ’ndrangheta e le massonerie deviate. L’appuntamento è il 1º marzo a Locri per una manifestazione nazionale. È l’appello lanciato dalla diocesi di Locri che in questi anni ha combattuto contro la criminalità organizzata calabrese creando lavoro e ridando speranza alla gente. Vincenzo Linarello è il responsabile della pastorale sociale e del lavoro della diocesi ed il presidente del Consorzio sociale Goel. È stato uno dei collaboratori più stretti di mons. Giancarlo Bregantini fino al suo trasferimento alla diocesi di Campobasso.
Linarello è ormai di casa a Rimini. Prima invitato dalla Cei alle giornate su “Il lavoro e la festa” in preparazione a Verona, poi al Premio Ilaria Alpi, infine qualche giorno fa invitato dai giovani della parrocchia del Crocifisso. Lo abbiamo intervistato.

Linarello, che cosa rappresenta la ’ndrangheta in Calabria?
La ’ndrangheta è la più potente organizzazione criminale al mondo. La Calabria, e in particolare la Locride, è la regione più povera in Italia e tra le più povere in tutta Europa. Il giro d’affari della criminalità organizzata calabrese è di 36 miliardi di euro annui. In Calabria la disoccupazione è altissima e lo sviluppo è sempre più lontano. Parte da qui il grande imbroglio della ’ndrangheta, una fregatura principalmente rivolta alle stesse famiglie mafiose. Ad essere imbrogliati sono proprio gli affiliati, gli “uomini d’onore”, i “picciotti”, i “camorristi”, gli “sgarristi” e le loro famiglie, i loro parenti innocenti, coloro che senza saperne il perché sono spesso costretti a versare il proprio sangue in faide assurde, magari per 800 euro al mese”.

Come si regge questo sistema di potere?
“Con il controllo delle persone attraverso uno scientifico sistema di precarietà. La ’ndrangheta e le massonerie deviate piazzano i loro uomini nei posti chiave, dove la gente deve passare per aver soddisfatti i propri bisogni quotidiani”.

In pratica che significa?
“Tu vuoi un lavoro o partecipare a un concorso? Devi andare da loro. Tu vuoi un certificato in tempi brevi? Devi andare da loro. Tu vuoi ottenere un prestito legale o illegale? Devi andare da loro. Tu vuoi stare in pace con la tua attività commerciale o agricola? Devi andare da loro. Tu vuoi essere curato dignitosamente in un letto d’ospedale? Devi andare da loro. E ogni volta ti viene chiesto qualcosa in cambio. Le persone possono anche essere consapevoli che è sbagliato ma alla fine finiscono per adeguarsi. Una cosa in particolare viene sempre chiesta: il voto, che poi sarà offerto in vista delle elezioni politiche o amministrative a questo o a quell’altro partito”.

La diocesi di Locri ha deciso di contrastare concretamente questo sistema di potere. Come avete iniziato?
“Bisognava combattere contro due questioni. La prima era la disoccupazione: per questo bisognava creare lavoro e impresa. La seconda era il fatalismo del “nulla cambierà mai”: era quindi necessario dare di nuovo speranza. Grazie al vescovo Bregantini e al progetto Policoro della Cei abbiamo avviato alcune cooperative. La prima è nata grazie a una scoperta: i frutti di bosco della Locride crescono nei mesi dell’anno in cui è impossibile coltivarli in nessun’altra parte d’Europa. Per questo la cooperativa ha avviato un rapporto di reciprocità con una realtà avanzata di cooperative di frutti di bosco del Trentino. Via via, molte altre cooperative sono nate e cresciute arrivando a creare nella Locride oltre mille posti di lavoro”.

Ma non vi siete fermati qui…
“Assolutamente no. Siamo cresciuti e per questo abbiamo realizzato il Consorzio Sociale Goel,consorzio di imprese sociali della Locride nate dal progetto Policoro. Poi è nata “Calabria Welfare”, consorzio regionale della cooperazione sociale, la più grande impresa sociale in Calabria, circa un migliaio di occupati, un sistema che realizza servizi, prodotti, inserimento lavorativo di persone svantaggiate, sviluppo di comunità locali. Infine, “Comunità Libere”, una rete nonviolenta di cittadini, famiglie, imprese, organizzazioni sociali, a difesa di chi viene attaccato dai poteri antidemocratici e violenti”.

Avete subito intimidazioni e attentanti?
“Sì. Il nostro impegno per il cambiamento ci ha procurato attacchi, attentati, intimidazioni, campagne diffamatorie, tentativi più o meno velati di delegittimazione. Ma la cosa incredibile è che le cooperative, per il momento, non sono morte ma anzi hanno potenziato i loro affari”.

Ha detto “per il momento”. Avete paura che la situazione degeneri?
“La Chiesa e in particolare la Cei è sempre stata al nostro fianco quando tutti ci lasciavano soli. Pur con questa riconoscenza dobbiamo dire di trovarci in un momento di grande difficoltà. La partenza di mons. Bregantini ci esporrà ancora di più a questi rischi. Siamo convinti che la ’ndrangheta, le massonerie deviate, la politica e le istituzioni corrotte e corruttibili, a qualsiasi livello e in qualsiasi ambito, tenteranno letteralmente di farci a pezzi non avendo più lo “scudo” rappresentato dal nostro Vescovo”.

Per questo avete organizzato la manifestazione del 1º marzo…
“Sì, perché non possiamo farcela da soli. Abbiamo bisogno che il vuoto lasciato da mons. Bregantini sia colmato da una grande “alleanza” di soggetti che hanno a cuore i nostri obiettivi. Per questo chiedo a tutti di starci vicino e di essere presenti il 1º marzo a Locri. Se noi ce la faremo sarà una vittoria di tutti. Se noi perdiamo sarà qualcosa che rimpiangeremo tutti, perché la ’ndrangheta sta espandendosi velocemente in tutte le regioni del nord”.
Anche da Rimini è partito un gruppo di giovani , per portare la loro testimonianza solidale ai ragazzi della Locride.

Simone Pitossi