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Insaputi e saponi

Ci sono persone che sanno tutto. Le possiamo indicare con la formula superlativa dei saponi. Ci sono poi i saputelli che, alla pretesa di conoscere ogni campo dello scibile umano, uniscono un tono canzonatorio nei confronti di chi li sta ad ascoltare. Ci sono infine gli insaputi, termine che i vocabolari non hanno ancora registrato, ma che proponiamo all’attenzione dei loro curatori.
Gli insaputi in politica sono ampiamente documentati, come quel ministro che si trovò proprietario di un appartamento nel centro di Roma, acquistato appunto a sua insaputa, come ebbe l’ardita ingenuità di confessare. I politici, purtroppo per loro, sono sempre i primi a dover rendere conto dei loro errori.
Altre categorie sono più privilegiate. Non sfuggono al controllo popolare neppure gli insegnanti, le cui parole si diffondono rapidamente, e con la stessa velocità possono essere cancellate e derise. Figli di amici mi raccontarono anni fa che il loro docente di materie letterarie si spacciava per componente dell’antica e gloriosa Accademia della Crusca.
Altra categoria di illustri insaputi sono gli intellettuali. Essa negli ultimi anni si è arricchita di latinisti che traducono la lingua di Cicerone come viene viene. Senza fare nomi, ricordo due esempi ricavati da esperienza personale, dopo rigorosi controlli. Un illustre studioso traduce nel 1965 un verso medievale che riguarda la vita politica di Rimini nell’anno Mille, in un preciso e perfetto modo. Chi poi, quarant’anni dopo, riprende in mano la composizione a cui il verso appartiene, lo rovescia, dimostrando di ignorare un’importante regola della sintassi latina (Gandiglio-Pighi, p. 10, ed. 1961).
Ma il meglio si trova in una recente traduzione di un classico illustre, pubblicato da altrettanto illustre editore italiano. Il curatore è stato tanto temerario sin dai primi versi dell’opera, da rendere il testo antico attraverso una versione francese alquanto libera, per cui nella lingua nostra oggi leggiamo non la secca scrittura dell’originale, ma l’ondeggiante prosa parigina riversata in quella italiana. Nulla di nuovo sotto il sole, se pensiamo a quanto ci ricordavano a scuola i professori citando l’accusa rivolta da Foscolo a Vincenzo Monti di essere ”gran traduttor dei traduttor d’Omero”. Il bello è che dietro ai traduttori traditori di oggi, c’è una gloriosa macchina universitaria che divide le torte accademiche. Chi le azzanna, si sente esonerato dal rispetto della verità. [1079]

Antonio Montanari