Influenza suina: quale allarme?

    Si cura come una normale influenza ma fa paura più di una normale influenza, perché?
    Il virus del ceppo A, H1N1 meglio noto come febbre suina è il protagonista indiscusso – oramai da più di due mesi – dei media nazionali e internazionali. Un migliaio di morti in 160 paesi ha provocato più di un allarmismo, tanto che dal Messico (primo Paese coinvolto) passando per Stati Uniti e Gran Bretagna è stato un coro di immagini di controlli in aeroporto, persone in mascherina, vaccini, antivirali “fai da te” e vademecum dei “giusti” comportamenti per evitare il contagio.
    Le dichiarazioni si sono rincorse tra picchi di allarmismi e timide smentite, creando non poca confusione tra chi leggendo quei giornali, guardando quelle immagini cercava di farsi un’idea di quello che stava accadendo. Che cosa è accaduto? E come si stanno muovendo le varie Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) e i singoli paesi per fronteggiare questa situazione?

    In principio fu il suino
    In principio fu il suino il colpevole. Come avvenne qualche anno fa con il pollo “influenzato” il virus partì da un animale, il suino appunto e poi agli uomini che ora se lo trasmettono per via “aerea” tra di loro.
    Ed è proprio per questa facile modalità di trasmissione che i controlli maggiori interessano i luoghi molto affollati e di grande scambio “umano” come gli aeroporti. In Italia non c’è nessuna restrizione all’imbarco voli. L’Oms non ha segnalato il nostro nell’elenco dei paesi a rischio, anche se degli opuscoli informativi vengono attualmente distribuiti ai viaggiatori che si dirigono in Messico, Stati Uniti e Gran Bretagna. Mentre l’Enac – il soggetto regolatore delle attività di trasporto aereo in Italia – ha attivato un canale sanitario a Malpensa e Roma.
    “Questa mancata presenza nell’elenco dei paesi segnalati dall’Oms non significa nulla”. A dirlo è Walter Pasini, direttore del Centro di medicina del Turismo con sede a Rimini.

    Perchè questa mancata segnalazione dell’Oms ha poco peso?
    “Il fatto è, che l’Oms stila le sue liste paese in base a quanto «avanti» sia la diffusione del virus. Non è detto che l’Italia non vi rientri in un futuro più o meno vicino, questo non è possibile dirlo”.
    Che tipi di controlli vengono fatti attualmente in Italia?
    “In questo momento a mio avviso si procede in modo cauto e corretto. Come se si avesse a che fare con un incendio, si controllano i focolai iniziali (il caso importato) si identificano, si isolano, si indagano e si studiano. È una tipologia di lavoro attiva dal XIV secolo, non l’abbiamo inventata oggi”.
    L’isolamento ha una durata temporale fissa?
    “Generalmente l’influenza dura una settimana. Il contagio si può avere un giorno prima della febbre e nei 3 o 4 giorni successivi proprio come in una normale influenza”.
    Si è detto che i morti da H1N1 erano affetti da altre patologie. Pochi giorni fa la Gran Bretagna (paese europeo maggiormente colpito) ha precisato che un terzo delle sue vittime era perfettamente sano. Cosa dobbiamo pensare? È stata fatta una corretta informazione in questa vicenda? C’è allarmismo?
    “A grandi linee mi pare sia stata fatta una comunicazione corretta. Stiamo parlando di una pandemia, un fenomeno che coinvolge tutto il mondo, è giusto che si dicano queste cose. Tornando al virus: ha fatto mille morti ma non è mutato sfavorevolmente. Potrei definirla una mutazione benigna, anche se intacca le vie polmonari, cosa che con una normale influenza stagionale non accade. È questa la fondamentale differenza tra le due, oltre alla facilità di trasmissione”.
    Entriamo ora nella questione vaccini. Le posizioni sono diverse, chi pro chi contro, ma soprattutto c’è chi parla di un grande business che andrà ad ingrossare le casse di poche case farmaceutiche, cinque quelle coinvolte nella realizzazione del siero. Cosa pensa di questa vicenda?
    “Io credo che il vaccino sia un’arma fondamentale. L’importante è che sia somministrato nel momento giusto ossia quando la malattia ha raggiunto il suo picco massimo. La mia paura è che per quel momento non siano pronti per tutti, anche perché le aziende farmaceutiche non sono solite fare delle grandi scorte di uno stesso farmaco. Per quel che riguarda l’accusa di business dico che una casa farmaceutica fa il suo lavoro”.
    E rispetto all’efficacia del vaccino, che cosa può dirci?
    “L’efficacia del vaccino dipende molto da quanto il virus muta dal momento in cui è stato «pensato» il siero e quello in cui viene somministrato. Può capitare anche con una normale influenza invernale che ci si ammali lo stesso anche se ci si è premuniti, vaccinandosi. Così pure per l’H1N1”.
    Avete idea, anche come Centro di Medicina del Turismo, dell’impatto che potrebbe avere tutto questo sul turismo in generale e su Rimini in particolare?
    “Fare una stima di questo tipo è impossibile. Certo il fenomeno del viaggio contempla la velocità del contagio. Ma questa cosa coinvolge tutto il mondo ed è troppo tardi per dire se e quanto il viaggio possa influire sulla diffusione e quanto le persone orientino le loro scelte in base a questo. Certo è che alcune destinazioni possono fare più paura di altre”.
    C’è qualcosa che la preoccupa particolarmente in questa vicenda?
    “Sì. Mi preoccupano le seconde e terze ondate del fenomeno. Per questo penso che sia giusto tenere alta l’attenzione. La Spagnola, per esempio, che ha colpito nel primo decennio del 1900 ha fatto i suoi danni maggiori nella seconda ondata. Non voglio essere catastrofista. Questo virus ha mostrato la sua benignità, come ho accennato in precedenza. L’aviaria per esempio ha una media del 50-60% di mortalità ma non ha fatto il «salto» della trasmissione da uomo a uomo. L’H1N1 si trasmette da uomo a uomo ma con tassi di mortalità infinitamente più piccoli. Questo è un bene”.

    In Italia
    Ma con tutte le cautele del caso in Italia non si può certo parlare di allarme. Il 17 luglio scorso quando l’Istituto superiore della sanità diffonde una nota nella quale usa parole come: “deciso aumento di casi”, “non sappiamo quanto durerà l’attuale fase di contenimento”, “è per questo che la maggior parte degli esperti ritiene che purtroppo è solo una questione di tempo” e poi “la riapertura delle scuole farà da amplificatore all’epidemia” il ministro del Welfare Maurizio Sacconi porta tutti alla calma, puntualizzando che i 4milioni di casi stimati per marzo non spaventano perché i farmaci antivirali ci sono ed è pronta una strategia di profilassi. Purtroppo la stessa cautela non è stata usata da Ferruccio Fazio, vice ministro alla Salute, che alla nota dell’Istituto ha risposto con un “se necessario chiuderemo le scuole”. Fortunatamente ci ha pensato il Ministro all’istruzione Maria Stella Gelmini, a stretto giro di posta, a far rientrare l’allarmismo: “è troppo presto per fare valutazioni di questo tipo”.

    Il piano su Rimini
    Sono sei i casi di febbre suina che hanno interessato Rimini e tutti d’importazione estera: 2 dagli Usa e 4 dall’Inghilterra. Recente inoltre la notizia dei 45 bambini isolati nella colonia di Cervia. Positivi i bambini e i 4 accompagnatori, nessuno è stato ricoverato. Tutti hanno superato la fase critica, curati dentro la colonia stessa da un medico dell’Ausl.
    Attualmente si è in fase di valutazione per ogni tipo di intervento. Saranno le Regioni a stilare un piano pandemico e a recepire le indicazioni del Ministero.
    Anche l’Emilia Romagna ha discusso in questi giorni il modo in cui svolgere le attività d’intervento mirato da parte delle Asl. “Ogni Asl deve stilare un piano pandemico locale. – spiega Francesco Toni, direttore del Dipartimento di Prevenzione dell’Ausl di Rimini – Il nostro sarà pronto per agosto”. Il piano seguirà le direttive del Ministero e della Regione e “sarà suddiviso per capitoli – continua Toni – prendendo in considerazioni le vaccinazioni, l’utilizzo di farmaci quando necessario e l’organizzazione dell’ospedale che dovrà occuparsi di questi malati”. È stato stimato che il 25% della popolazione potrebbe ammalarsi, tra le 70 e le 80 mila persone sul nostro territorio: “Dobbiamo assistere nel miglior modo possibile le persone che si ammaleranno. Quando raggiungeremo i picchi l’isolamento non servirà a nulla, dovremo solo gestire la cosa”. Anche a Rimini il vaccino è destinato alle fasce indicate dal Ministero, gli altri non potranno farlo: “per il solo motivo – conclude Toni – che non è disponibile”.

    Angela De Rubeis