Home Cultura Incontri aperti e valore educativo, la sfida Righetti

Incontri aperti e valore educativo, la sfida Righetti

Passaggio di consegne alla Fondazione “Igino Righetti”.

Martedì 11 febbraio il Consiglio di amministrazione ha accettato le dimissioni di Piergiorgio Grassi e di Attilio Battarra: presidente per 16 anni il primo e segretario generale per 10 anni il secondo. Al loro posto ha eletto all’unanimità rispettivamente la professoressa Mirna Ambrogiani, già presidente diocesana dell’Azione Cattolica riminese, e Romano Filanti, funzionario in pensione di Unicredit.

La Fondazione è nata nel 1967 per iniziativa di Maria Massani, con l’incoraggiamento e l’aiuto di Papa Paolo VI, che era stato assistente del circolo romano della FUCI quando la Massani ne era responsabile, essendosi iscritta all’Università La Sapienza. Ora la Fondazione prosegue il suo cammino dopo essersi messa alle spalle più di cinquant’anni di vita.

Stiliamo un rapido bilancio di questo scorcio di secolo con Piergiorgio Grassi.

Professore, la Fondazione che lei ha presieduto, ha dovuto affrontare nuove sfide nate da tanti cambiamenti in atto.

“Non affrontarle avrebbe significato mettere in discussione la sopravvivenza della Fondazione. Faccio un solo esempio: alle origini l’Università popolare Igino Righetti, espressione della Fondazione, era una realtà che si muoveva quasi in regime di monopolio, sotto la guida esperta del professor Sergio Ceccarelli. Sono poi sorte altre analoghe istituzioni, ben dotate di mezzi, che si sono dedicate alla formazione delle persone appartenenti alla cosiddetta ‘terza età’.

Troppi attori sulla scena. Abbiamo allora scelto di puntare su incontri aperti alla città, tenuti da personalità di valore nazionale e internazionale, in stretto collegamento con Unirimini e il polo riminese dell’Università. La risposta in termini di presenze è stata ampiamente positiva: intendiamo proseguire su questa strada. Non dimentichiamo poi che il progetto del polo riminese dell’Università di Bologna è nato in via Cairoli 63, la sede della Fondazione. In accordo con l’Alma Mater, per 14 anni, vi ha operato una Scuola superiore di studi turistici, primo nucleo del polo universitario di Rimini. Riteniamo che l’Università, con i suoi 6.000 iscritti, sia diventato nel tempo una grande risorsa culturale ed economica per la città e per il territorio”.

La Fondazione ha mantenuto dunque la sua identità, nel variare dei tempi e delle situazioni…

“Se vuol dire che la Fondazione tiene ben ferma l’appartenenza alla Chiesa, sottolinea una verità incontrovertibile.

Siamo una realtà della Chiesa riminese. Amiamo una Chiesa che si fa compagna di viaggio nella storia delle donne e degli uomini di buona volontà che vogliono costruire insieme una città dove coesistano in pace le differenze culturali e religiose.

Come si sente ripetere spesso in questi giorni e come auspica Papa Francesco, il passaggio d’epoca è così complesso e così ricco di rischi, in un mondo sempre più unificato, che solo mettendo in comune idee e impegni generosi se ne può uscire con una crescita di umanità. Fratelli tutti di Papa Francesco è un’enciclica – guida per questo cammino, anche e soprattutto in città come Rimini, sempre più multietniche e multireligiose”.

Avete anche un Convitto per studenti provenienti da altre regioni che frequentano il polo universitario riminese.

“Anche questa è stata un’esperienza di frontiera. Si trattava di accogliere dei giovani in un contesto che fosse davvero educativo, intriso di valori. Angela Renzi, direttrice del Convitto, ha garantito che questo avvenisse, seguendo le vicende di ciascun ragazzo e mantenendo rapporti con le famiglie di origine. Ora è stata firmata una convenzione con la cooperativa Diapason perché l’esperienza continui e si espanda, ospitando anche studenti di altre nazionalità, giunti in Italia grazie al progetto Erasmus. Speriamo che il progetto prenda sempre più corpo, nonostante le difficoltà insorte in seguito alla diffusione della pandemia”. (c.z.)