“In Italia c’è omogeneità culturale”

    Le storie dei due riminesi nel mondo di questo numero hanno un inizio in comune, un punto di contatto. Laura e Francesca, prima di lasciare l’Italia per la loro avventura, hanno frequentato assieme i cinque anni di Liceo, lo scientifico Einstein per la precisione.
    Laura Rinaldi è andata per la prima volta in Belgio nel 1996, durante gli anni dell’università.
    “Studiavo Scienze politiche ad indirizzo economico e mi interessava molto l’Europa, così sono partita per Bruxelles. È stato un bell’anno, mi sono trovata molto bene, poi sono tornata in Italia per laurearmi. In quel periodo ho anche conosciuto il mio compagno e abbiamo continuato la nostra relazione a distanza. Cinque giorni dopo la fine dell’università ero di nuovo a Bruxelles”.
    Stregata dalla città simbolo dell’Europa unità, Laura vive tra Bruxelles e Leuven, dove ha sede una delle più importanti università del paese. Qui è assistente per un anno, fa attività di ricerca fino a che il professore con cui lavora le propone un dottorato.
    “Pensavo di restare a Leuven solo per un paio di anni, invece ci sono rimasta fino al 2006”.
    Finita l’esperienza universitaria torna a Bruxelles e inizia il lavoro che svolge tuttora.
    “Sono entrata alla KBC, un importante gruppo bancario belga molto presente in Europa. Mi occupo di Risk Management. È una cosa molto tecnica. In pratica il mio lavoro consiste nello studiare i progetti che vengono proposti per capire quanto capitale serve e fare attività di supporto e advisor. È una posizione affascinante, perché permette una visione globale sull’attività del gruppo. Mi piace, poi, perché è un’occupazione legata alla finanza, all’economia, tutti settori di cui sono sempre stata appassionata”.
    Alle soddisfazioni sul lavoro, Laura affianca anche quelle personali. Bruxelles l’accoglie calorosamente.
    “Penso di essere una che si adatta facilmente, ma non posso negare che Bruxelles è una città in cui si vive bene. È molto particolare. Da un lato è una città piccola che conta meno di due milioni di abitanti in tutta l’area metropolitana, ma dall’altro è piena di stranieri, provenienti da tutta Europa e fuori. Il suo status di capitale le dà una vivacità e un’internazionalizzazione che però non la rendono caotica e invivibile. La qualità della vita è molto alta. Ci sono spettacoli e mostre in tutte le lingue. Anche le messe vengono celebrate, nelle diverse parrocchie, in più lingue. Vivere in questo ambiente per me è molto stimolante. Nella classe dell’asilo in cui va il mio bimbo, solo 5 bambini su 25 hanno i genitori che parlano solo il francese, tutti gli altri parlano almeno un’altra lingua perché vengono da fuori”.
    Il panorama sembra molto bello, non ci sono quindi chance che tu possa tornare in Italia…
    “Se devo essere sincera più che l’Italia mi mancano i miei affetti, la mia città e il mare. Trovo un’omogeneità culturale in Italia che per me è dura da sopportare. Qui in Belgio la società è composta per lo più da stranieri radicati, e ognuno porta la sua sfumatura. Per me è normale e bello un giorno comprare il pane in un forno locale, il giorno dopo in quello turco che si trova nella via successiva. Poi è ovvio che Bruxelles non è il paradiso, che nelle periferie ci sono delle difficoltà, ma in generale l’atmosfera che si respira è diversa, meno chiusa e meno concentrata tutta attorno a se stessi e alle proprie esigenze culturali. C’è un altro fattore, poi – continua Laura – che fa da deterrente quando rientro o parlo con italiani e che sicuramente non mi dà la voglia di tornare, ed è la mancanza di prospettive. Vedo tanti miei coetanei che da anni lottano per una stabilità professionale ed economica che sembra non arrivare mai. Tutte persone brave, con i diplomi e le caratteristiche giuste, eppure è sempre cosi dura. Spesso, chi non vive questa situazione sono quelli che in qualche modo hanno una attività familiare. Questa cosa si sente molto forte sia al sud sia al centro-nord e mi dà tanta tristezza: l’impossibilità di farsi riconoscere meriti o di pianificare un mutuo per una casa. Tutto questo ha un grande impatto sull’autostima e la qualità della vita. E con questa crisi economica a cui nessuno vuol mettere mano la situazione diventa davvero preoccupante e triste. Io mi ritengo molto fortunata, l’ambiente intorno a me a Bruxelles è ben diverso. Certo non è tutto roseo, nulla è gratuito, bisogna lavorare tanto e c’è molta concorrenza perché le persone qualificate non mancano, però qua le qualità individuali vengono riconosciute e il riconoscimento è anche economico, non per diventare ricchi ma per farsi la propria vita in modo sereno, per costruirsi una casa, una famiglia, una professione”.
    E non è poco…

    Stefano Rossini