Home Cultura Impasti e trasparenze di un amico del Montefeltro

Impasti e trasparenze di un amico del Montefeltro

Poeta egli stesso, e molto considerato dalla critica che ha benevolmente salutato il suo ritorno alla scrittura dopo un lungo silenzio, Luca Cesari a Tonino Guerra è stato legato da lunga amicizia. Ha pure curato un volume del Guerra poeta L’albero dell’acqua (dedicato soprattutto a Ezra Pound). Quando è iniziata la frequentazione?
“L’inizio dell’amicizia con Tonino risale ai primi anni 90, forse al 91, non ricordo. Coincide con il mio ritorno geografico nel Montefeltro (e non dico né Marche né Romagna), dopo il periodo bolognese della formazione e della prima attività, sia accademica sia letteraria. Un ritorno lieto e ricercato di fedeltà per le mie origini dopo aver scoperto tra le pieghe del famoso poema di Pound, versi sul Marecchia, Verucchio, Pennabilli, che Tonino, appunto ha voluto posare su qualche ceramica. Ma mi traeva anche lo slancio di passione con cui il poeta romagnolo cominciava allora la sua intensa e imperiosa avventura creativa da noi. Collaboravo allora con il rimpianto editore milanese Vanni Scheiwiller, e così nacque l’idea di curare e pubblicare un libro di Guerra in cui mescolare tutti questi affetti e devozioni: per il poeta americano e per Tonino, per i luoghi e per Scheiviller stesso, il primo e più importante editore italiano di Pound che desiderava da tempo pubblicare un libro di Guerra. Fu proposto a Tonino di raccogliere alcuni suoi testi recenti (dopo il trasferimento a Pennabilli) e di esercitarsi su alcune traduzioni-riscritture da Pound, tra le quali il famoso canto sull’usura (XLV)”.
Il libro ebbe in seguito una seconda edizione con integrazioni(L’albero dell’acqua e più).
“Infine, nel 2000, Vanni e io publicammo un libretto giallo delizioso contente versioni in romagnolo di Guerra dai poeti classici cinesi, tra cui il famoso Lamento di una guardia di frontiera di Rihaku reso celebre dalla versione poundiana e adattato da Tonino al proprio lirismo. Guerra era velocissimo. Il suo momento fantastico sgorgava a cascata, per cui capitava potesse passare una mezza giornata sopra un testo per definirlo, poi basta. Incominciava a leggerlo a tutti al telefono. Era fatto d’impasti e trasparenze, con un certo strabismo superiore fra tono basso e alto, come sempre la sua parola, credo”.
Dovesse regalare ora un esergo a Tonino?
“Lo farei con le parole scritte presso l’ingresso del mausoleo di Gialal Ad-Dîn, dove si venera la tomba del poeta mistico Rûmî: «Vieni, vieni, chiunque tu sia vieni: sei un idolatra, un miscredente, un ateo? Vieni / La nostra non è casa della disperazione, / e anche se hai tradito cento volte la promessa… vieni!”. (t.c.)