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Il terremoto di Pentecoste

Bisogna ammetterlo, ci sentiamo spiazzati. Se la gente è stanca di questa situazione, sembra che ancor di più lo sia lo Spirito Santo. Quando tutti ci aspettavamo un Papa giovane, ce ne ha mandato uno che per l’età episcopale dovrebbe già essere in pensione, ma che di energia ce ne ha a bizzeffe. Con un modo di fare più simile al parroco che a quello del sovrano, con la sua parola così diretta e semplice, ma tremendamente efficace, con le sue scelte quotidiane, sta scompaginando i sistemi di curia, ma ancor più scuotendo le nostre coscienze, decisamente sopite e un po’ stordite dalle vicende ecclesiastiche degli ultimi tempi.
È arrivato davvero come un vento ed un fuoco e ha scosso la casa come un salutare (mi perdonino gli amici dell’Emilia) terremoto.
Qualche frase giusto per capire.
Sabato scorso ai movimenti ha richiamato la radicalità evangelica spiegando che di fronte alla crisi economica e alla crisi dell’etica pubblica, il principale e più efficace contributo che i cristiani possono dare è quello di testimoniare il Vangelo: uscire da se stessi, dai propri circoli autoreferenziali, smettere di essere “cristiani inamidati che discutono di teologia bevendo il tè”, per andare davvero incontro ai poveri, a chi ha bisogno.
E ancora: “”Se cadono gli investimenti, le banche, tutti a dire che è una tragedia. Se le famiglie stanno male, non hanno da mangiare, se la gente muore di fame allora non fa niente… Questa è la nostra crisi””. E la crisi non è “”solo economica o culturale” ma è “”una crisi dell’uomo”. “”Nella vita pubblica se non c’è l’etica tutto è possibile. Lo leggiamo i giornali quanto la mancanza di etica fa tanto male all’umanità intera””.
Ricevendo le credenziali di nuovi ambasciatori presso la Santa Sede, giovedì 16 maggio, aveva parlato loro delle radici della crisi finanziaria e del divario tra poveri e ricchi, denunciando il “”feticismo” del denaro e la “”dittatura” di un’economia senza volto che considera l’essere umano “come un bene di consumo”.
Lo squilibrio sociale è derivante “da ideologie che promuovono l’autonomia assoluta dei mercati e la speculazione finanziaria, negando così il diritto di controllo agli Stati pur incaricati di provvedere al bene comune”.
Che mondo abbiamo costruito, si chiede Papa Francesco, se un barbone che muore di freddo non è più notizia o se la morte di tanti bambini per fame è una realtà alla quale abbiamo fatto l’abitudine?

Giovanni Tonelli