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Il terremoto di Francesco

Il Papa parla a Firenze mentre stiamo chiudendo il settimanale. Le prime riflessioni sono per lo più emozioni. Sul prossimo numero, insieme ai delegati diocesani al convegno ecclesiale, ma anche con tutti voi, esamineremo con ampiezza un messaggio, che possiamo già definire storico.

Non abbiate paura. Lo slogan di Giovanni Paolo II, è tornato a risuonare a Firenze, pronunciato certamente con altre parole e con altro stile, da papa Francesco. Ad un popolo che si è dimenticato essere di santi, poeti e navigatori, il Papa venuto “dalla fine del mondo” ha dato l’ultima spinta alla barca perché lasci il comodo e tranquillo porto per tornare a veleggiare in mare aperto. Perché “assuma sempre lo spirito dei suoi grandi esploratori, che sulle navi sono stati appassionati della navigazione in mare aperto e non spaventati dalle frontiere e delle tempeste”. Con libertà, gioia e coraggio, come il Vangelo chiede. Basta con una Chiesa bella, ma troppo abbarbicata al proprio perimetro.“Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze”. L’invito che si ripete con forza: uscire fuori, andare nelle piazze, costruire ospedali da campo, senza temere il dialogo: “il modo migliore per dialogare non è quello di parlare e discutere, ma quello di fare qualcosa insieme, di costruire insieme, di fare progetti: non da soli, tra cattolici, ma insieme a tutti coloro che hanno buona volontà”. Dal Papa arriva dunque una grande spinta alla Chiesa italiana, anzi, diciamolo pure, un vero e proprio terremoto. Innovate con libertà, genio e creatività.
Quest’uomo anziano, che si affida allo Spirito Santo, spinge la comunità cristiana a vivere i cambiamenti, che invece ci terrorizzano. Invita ad una fede rivoluzionaria che mette in movimento; un dinamismo centrifugo, che spinge fuori. La Chiesa esiste per annunciare il Vangelo: se non fa questo perde il contatto con la realtà e soprattutto con la sua missione. Una Chiesa che torna a parlare alla gente con lo stile della mamma, non una Chiesa di potere, ma di tenerezza: “Desidero una Chiesa lieta col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza”. Chiamata a portare libertà e fiducia in un Paese che vive tante ferite e sofferenze. Ma non intende compiangersi, e spinge invece al coraggio. “Credete al genio del cristianesimo italiano, che non è patrimonio né di singoli né di una élite, ma della comunità, del popolo di questo straordinario Paese”.
Il futuro della Chiesa italiana? Umile, inquieta, vicina alla gente.

Giovanni Tonelli