Il pranzo è servito. Ma fuori casa

    Dopo la pausa caffè, dopo la pausa sigaretta, ecco la pausa pranzo. Per tutti. Un momento irrinunciabile della propria routine quotidiana, uno spartiacque tra il dovere ancora da concludere e il piacere di ritagliarsi un’oretta d’intimità. Se c’è chi può permettersi il binomio “casa e bottega” – magari con un primo dalla cara mamma – i più devono accontentarsi del pasto fuori, di solito in compagnia dei colleghi, anche se l’esigenza collettiva sarebbe quella di staccare la spina e stare un po’ da soli.
    Questa fascia extradomestica, secondo una ricerca del centro studi di Fipe-Confcommercio, è un carro che traina montagne di denaro: 70 miliardi nel solo 2009. Un volume d’affari che comunque ha registrato una piccola perdita (-1.2%). Sempre dallo stesso studio emerge anche quanto il pranzo sia ancora il pasto principale per la maggior parte degli italiani. Soprattutto per le donne, con il 77.5%.

    La pausa riminese
    A mantenere alto questo consumo non manca Rimini. Spaccate le ore 13, chiusi gli uffici, abbassate le serrande, il popolo dei lavoratori si dirige al “solito posto”, quello che ha scelto in modo accurato dopo tante prove e assaggi in anni e anni di pranzi al… volo. Alla fine la routine ha il sopravvento e il fatto di essere abitudinari è molto più facile e sbrigativo; così nei bar del centro città, dove 4 ore fa si era fatta colazione, si ritorna 4 ore dopo per scegliere la propria portata tra le note insalatone, i toast americani e i secondi freddi. Non mancano nemmeno i primi scongelati al microonde in pochi secondi, i più quotati lasagne e cannelloni con spinaci. Bevande escluse, s’intende. Infatti, una bottiglietta d’acqua non costa meno di un euro e il prezzo sale a 2/2.50 euro per un bicchiere di vino. A conti fatti, in questi bar, la spesa per un pranzetto “mordi e fuggi” si aggira attorno ai 10 euro.
    Non proprio bar, ma pub da aperitivo, è il locale vicino la Vecchia Pescheria che offre buffet di piatti pronti a base di carne a 7 euro, con pesce a 9 euro, acqua e vino a parte. Nemmeno in questo campo manca l’all-inclusive e con 11 euro si mangia o un primo o un secondo a scelta con l’aggiunta delle bevande. Solo per un primo la cifra si aggira attorno ai 6 euro con carne e 7 euro per quelli a base di pesce. Per chi adora i primi piatti e desidera assaggiare della buona pasta fatta in casa c’è il piccolo ristorantino di via Garibaldi. Poco dopo le 13 le facce dei clienti sono sempre le stesse. I tavolini si riempiono e il momento di relax scorre via tra una battuta con il proprietario e un boccone di gnocchi alla zucca. La spesa media a piatto non sfora i 12/13 euro e l’abbondanza è assicurata. Per chi desidera qualcosa di diverso, magari per rompere la tradizione italiana, c’è il ristorante greco, con poco meno di 10 euro si mangia una pita vegetariana o con carne, vino escluso. Oppure, con qualche euro in più ci si aggiudica un piatto unico a basa di carne oppure di verdure. Questo locale accetta, e solitamente i lavoratori lo sanno, buoni pasto al posto di denaro. Alcuni, i più audaci, scelgono un kebab, panino di origine turche a base di carne e con appena pochi euro ci si assicura di stare satolli fino a tarda sera. Per chi guarda alla linea c’è il ristorante macrobiotico. Con una tessera annuale di 5 euro, e con 8/10 euro a pranzo, si porta al tavolo un vassoio con cereali, legumi, verdure e pasta. Senza condimenti aggiunti. In molti, e lo dimostra l’affollamento del mezzogiorno, hanno sposato questa filosofia. L’alternativa per chi vuole la sostanza a poco prezzo è la mensa, luogo prediletto da chi adora i piatti abbondanti. Un menù completo non sfora i 10 euro e si possono scegliere combinazione diverse, come pizze con bibita o solamente secondo o primo. Acqua inclusa. Quando il tempo è serrato cosa c’è di meglio di una buona pizzetta al taglio? A questo punto non resta che prendersi un caffè. La pausa pranzo è ormai terminata.

    Marzia Caserio