Il pastore e il suo gregge di pace

    “Ho scelto la non violenza perché sono nato in una famiglia che ama la pace e in una zona che ama la pace. Resisto con la mia comunità per diffondere la verità”.
    A parlare è Hafez Huraini (nella foto), pastore palestinese della Cisgiordania. Con sua moglie e i 5 figli vive ad At-Tuwani, un villaggio di 1100 abitanti a sud di Hebron, la cui popolazione vive di pastorizia e coltura del grano. La scorsa settimana ha partecipato a Rimini a una serata dal titolo Per la terra e la vita. A una platea composta soprattutto da ex e futuri ‘caschi bianchi’ di Operazione Colomba, il Corpo di Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII, ha portato la sua testimonianza di portavoce del South Hebron Hills Committee, coordinamento nonviolento dei pastori dell’area più povera della Cisgiordania. Con lui c’erano i volontari di Operazione Colomba, che dal 2004 operano ad At-Tuwani sostenendo le famiglie palestinesi, scortando le persone, soprattutto bambini, in aree poco sicure e monitorando il livello del rispetto dei diritti umani. Insieme a loro, nella zona operano il Christian Peacemaker Team e diverse organizzazioni israeliane per i diritti umani.
    At-Tuwani fa parte di un’area della Cisgiordania (i cosiddetti territori “occupati”, secondo gli arabi, o “contesi”, come sostengono gli israeliani) ed è sottoposta al controllo militare e amministrativo d’Israele, a cui si aggiunge una forte presenza di coloni. Si tratta di quella che Hafez definisce più volte durante il suo discorso “una storia senza fine dagli anni Settanta a oggi”. L’esercito “crea blocchi stradali e zone militari chiuse che ci impediscono l’uso di terreni per i pascoli”. I coloni, per lo più ebrei religiosi, sono convinti che “Dio ha dato loro questa terra e gli altri devono andare via”. Perciò aggrediscono i pastori palestinesi, avvelenano l’acqua, uccidono gli animali e bruciano i raccolti.
    “La legge internazionale dice che esiste il diritto a resistere a tutto ciò”: fa strano sentir parlare così un “semplice” pastore, che ci piace immaginare come un lontano discendente di quei pastori palestinesi che a Natale furono i primi ad adorare Gesù. Ma Hafez è un pastore “impegnato” e molto preparato: studia i fogli del suo intervento, prende nota di ogni domanda che gli viene posta e risponde in modo puntuale. Alla luce del diritto a resistere, Huraini ha scelto la non violenza. Perché “la scelta violenta ti isola e rende il problema solo tuo, quella non violenta fa sì che il problema sia di tutti”. Il movimento pacifico è “la bella notizia” in Cisgiordania, crea legami forti tra le persone. Ricostruire le case distrutte, rimuovere a mano i blocchi stradali, organizzare i corsi di training non violento, manifestare pacificamente per far smantellare i muri, riprendere con la telecamera le vessazioni subite: sono le pratiche con cui i pastori palestinesi di At-Tuwani resistono a occupazione e soprusi. Chiedono “Latte e non veleni”, vogliono fare pressione sulle Ong perché di questo passo “non è lontano il giorno in cui le persone non avranno più terra né animali”.
    Hafez Huraini ha lasciato per la prima volta il suo Paese, anche grazie a Operazione Colomba (“Senza di loro non sarei qui” dice), e sta partecipando a incontri e convegni un po’ in tutta la penisola, da Trento a Napoli. Ai riminesi, e a tutti gli italiani, Huraini non chiede denaro ma solidarietà. “La nostra voce è debole rispetto a quella di Israele. Lo testimonia anche la scarsa copertura mediatica di quanto avviene da noi. Per questo vi invito a venire a visitarci per vedere cosa sta accadendo” spiega. “Grazie all’aiuto dei volontari di Operazione Colomba che riportano ciò che succede alle autorità internazionali, abbiamo più solidarietà dall’Europa, in particolare dall’Italia. Però sono qui per chiedervi di fare pressione sull’opinione pubblica internazionale perché vengano garantiti i nostri diritti”.

    Ada Serra