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Il papà di Giovanna

Bologna, anni ’30. In piena era fascista, quando il paese non si aspettava certo di entrare in guerra, Pupi Avati ambienta la sua nuova storia, contenuta nel film Il papà di Giovanna. Il film di Avati non è tanto una cronologia di avvenimenti storici (anche se i fatti, giustamente, affiorano scandendo il ritmo della vicenda), ma la narrazione di un doloroso fatto di cronaca, un delitto che sconvolge la tranquilla esistenza della famiglia Casali, di modestissima posizione sociale con i sogni nel cassetto del padre Michele (Orlando), insegnante d’arte al liceo (il suo desiderio è scrivere un libro sul pittore Morandi, conosciuto a scuola in gioventù), le frustrazioni della moglie Delia, casalinga “intrappolata” (Francesca Neri) ed i turbamenti della giovane figlia Giovanna (Alba Rohrwacher, presenza sempre di grande interesse nelle pagine più recenti del cinema italiano), ragazza fragile, insicura e con problemi, incapace di riuscire a vivere nel modo giusto le relazioni con i coetanei, tranne che con l’amica del cuore Marcella (Valeria Bilello, nota ai più giovani come VJ dell’emittente All Music). Ed è proprio la ragazza, figlia di famiglia importante, la vittima del brutale omicidio che scuote il capoluogo felsineo. A Michele crolla il mondo quando scopre che l’omicida è la figlia Giovanna, spinta da un irrefrenabile sentimento di gelosia. Per la ragazza, dichiarata insana di mente, si aprono le porte del manicomio di Reggio Emilia e per papà Michele inizia il lungo calvario di visite con la speranza di poter rivedere prima o poi la figlia fuori da quell’inferno.
Avati racconta con discreta compattezza questa storia privata, senza cadere nel sensazionalistico, trova le strade giuste per la narrazione, inserisce nel contesto altri personaggi importanti come il vicino di casa ed amico poliziotto Sergio (Ezio Greggio) e caratteri minori che completano il quadro (nel cast appaiono Gianfranco Jannuzzo, Serena Grandi, Paolo Graziosi, Chiara Sani e la riminese Rita Carlini che aveva già lavorato con Avati in Il cuore altrove) e soprattutto individua il “cuore giusto” della storia. Il cuore di un padre che mai e poi mai molla la figlia, anche se il mondo attorno crolla, anche se la famiglia si disgrega, anche se tutti gli voltano le spalle, anche se il lavoro non c’è più, anche se è costretto a trasferirsi in campagna per stare vicino alla sua Giovanna, consapevole di averla circondata in passato di troppo affetto e troppe preocupazioni per darle un minimo di felicità. Cuore di padre che batte forte in un film riuscito ed emotivamente coinvolgente, con un cast ben amalgamato e ben diretto, compreso Ezio Greggio a cui Avati riesce a togliere tutta la patina “ridanciana” stile “Striscia la notizia” per evidenziare i lati più malinconici dell’attore.

Paolo Pagliarani