Il pane artigianale non fa più “croc”

    Il pane non è più di moda. Non si tratta di una mera impressione ma di una certezza confermata da preoccupanti dati. In testa al corteo dei preoccupati i produttori che nell’ultimo quidicennio hanno visto diminuire la mole di lavoro del 40%. Numero che rispecchia il calo del consumo: -40%, appunto.
    “Se in passato la gente consumava larghe quantità di pane, oggi a mala pena si arriva ai 150 grammi (giornalieri) a testa, se va bene. Sono cambiati i costumi alimentari e il pane non è più quell’alimento fondamentale di una volta” è la triste sentenza di Marcello Para, responsabile dell’associazione panificatori di Confartigianato (Rimini).
    Il consumo di un pasto frugale e fuori casa sono le abitudini più frequenti cui imputare lo spodestamento del pane dal suo posto d’onore: re della tavola.
    È la velocità del nostro stare a tavola e il venir meno del consumo casalingo che hanno prodotto il calo di consumo e produzione del pane artigianale, quello cotto al forno, preparato con la doppia lievitazione, che appena caldo fa “croc”.
    E di conseguenza ha reso difficile il lavoro di tanti panificatori costretti a chiudere.
    Oggi Rimini conta circa 120 addetti di cui 50 nell’associazione panificatori di Confartigianato. Solo 15 anni fa erano un buon 40% in più, con un aumento di presenze nel centro storico, dove l’odore dei forni accesi proveniva da numerosi angoli e vicoli della città.

    Gli effetti della dieta
    Ad influire negativamente sul consumo di questo alimento sono stati anche i “nuovi” regimi alimentari dimagranti che come primo ingrediente da eliminare dal pasto indicano i carboidrati e soprattutto il pane.
    Così si scopre che i riminesi preferiscono acquistare i grissini. “Noi ne facciamo tre cotture in una mattinata – racconta la signora Pasini del forno Vecchia Pescheriae proponiamo molte varianti di grissini torinesi come quelli al cioccolato, alle acciughe, ai capperi e alle olive”.

    Dall’artigianato al centro commerciale
    A peggiorare la situazione dell’artigianato ci si è messo l’avvento dei centri commerciali e della surgelazione del prodotto. Supermercati, grandi distribuzioni, franchising hanno, negli ultimi anni, aumentato l’offerta mettendo sul mercato il pane precotto o quello surgelato. L’alternativa è tanta e i prezzi si riducono sensibilmente.
    “Meglio una baguette appena sfornata a 50 centesimi al supermercato che un filone dal panettiere a 5 euro al kg”, questo pensano i consumatori. È la dura legge del mercato. Secondo Para, per arginare il fenomeno della concorrenza spietata, i panettieri dovrebbero diversificare la loro offerta, aggiungendo reparti come la gastronomia o la pasticceria fresca. Ma basterebbe questa diversificazione nella vendita a mantenere in piedi i “fondamentali” della tradizione?

    Un settore privo di giovani
    A demotivare l’attività dei fornai, non è solo la grande distribuzione ma anche la mancanza di manodopera e di giovani che vogliono imparare la professione. Condizioni di lavoro dure, rese tali dall’orario notturno e dall’impatto fisico su braccia, schiena e gambe. Nonostante il 40% in più sul salario dettato dall’attività notturna, sono davvero pochi i giovani che decidono d’investire in questo campo. Non è da dimenticare il supporto dato dai macchinari che oggi, più di prima, offrono una grande mano. “In questi tempi i giovani preferiscono fare i pr delle discoteche, magari sottopagati, piuttosto che imparare questo mestiere”, lamenta la signora Pasini. Stessa è la campana che suona al panificio Olivieri del borgo San Giuliano: “Sono sempre meno gli italiani che fanno questo lavoro”.
    Sta di fatto che piccoli o grandi panifici come Fellini o Cupioli esistono grazie al lavoro tramandato di generazione in generazione e forse, oggi, questo non è più possibile.

    Il “bauletto” che attira
    A rubare una quota di mercato alla tradizione millenaria ci pensa anche il pane confezionato. Noti marchi lo propongono a bauletto, a fette, a filoni, e soprattutto light.
    Insomma i messaggi non sono rassicuranti: cosa ne sarà dell’antico forno? Potremo ancora camminare in città ed essere catturati dall’aroma del pane appena sfornato? La Pasini non ha dubbi: “Se il Comune non ci dà una mano è dura. Se la gente non riesce a raggiungere il centro come facciamo noi a vendere? La città, e da anni per questo mi batto, sta perdendo giorno dopo giorno la gente che la vive”.
    Può bastare questa “ricetta” a riportare il pane sulle tavole dei riminesi? L’impresa pare ardua.

    Marzia Caserio